Cultura

Piersanti Mattarella: l’uomo che non faceva il politico perché era un politico

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È il 6 gennaio 1980. Un’Epifania piovosa a Palermo che non ferma però i festeggiamenti. Piersanti Mattarella, da soli due anni presidente della Regione Sicilia, scende a preparare l’auto per poi andare a messa con la famiglia. Quel giorno, così come in tutti i giorni di festa, Piersanti Mattarella non volle la scorta. Era in macchina quando un killer gli si avvicinò e sparò un primo colpo che inceppò l’arma. A quel punto l’uomo corse dal suo complice, prese un’altra pistola, tornò a pochi metri da Mattarella e sparò.
Così morì il Presidente della Regione Sicilia che più combatté la mafia.

Piersanti Mattarella, classe 1935, non faceva il politico. Lui era politico. E in questa precisazione c’è tutta la personalità e lo spessore di Mattarella. 

Cresciuto fra Palermo e Roma dove suo padre svolse l’incarico di ministro ai trasporti, Piersanti Mattarella si avvicinò presto al partito della Democrazia Cristiana. D’altronde da piccolo è sempre stato circondato dalle personalità che costruirono l’Italia nel secondo dopoguerra. 

Il giovane Piersanti entrò nel partito intraprendendo il percorso classico per la politica di quel tempo. Iniziò dal consiglio comunale di Palermo e già da quell’incarico emerse la caratura che poi gli avrebbe permesso di avere un ruolo nel partito. Avvicinatosi a Moro, che divenne presto suo mentore, fondò il gruppo di lavoro “Politica”. Una vera scuola di politica fatta però da giovani per giovani nella quale confrontarsi per sviluppare poi proposte che sarebbero finite per condizionare la DC siciliana.

A fare ingranare la decima a Mattarella fu l’elezione alla Presidenza della Regione Sicilia nel 1978. Prese il futuro della sua terra letteralmente in mano convinto di come il Sud non potesse esclusivamente lamentarsi ma come dovesse agire per rinnovarsi. Piersanti desiderava attrarre investimenti e personalità che mostrassero come in Sicilia si vivesse bene. Per farlo era convinto di come bisognasse avere “le carte in regola”.
Queste tre parole non sono casuali. Sono il testamento politico di Mattarella: quello per cui ha lavorato sin dal suo primo incarico da assessore con delega al bilancio. Sosteneva infatti come solo con un bilancio trasparente e libero dal malaffare la Sicilia potesse crescere.

È poi con la riforma della legge urbanistica, messa a punto appena eletto, che Piersanti Mattarella si mise di traverso agli interessi mafiosi. I suoi interventi pubblici, i suoi comizi, erano sempre più volti a combattere la mafia tanto da andare contro a interessi oscuri del suo stesso partito. Divenne così un obbiettivo a tal punto che il partito, forse per metterlo al sicuro, gli propose una candidatura in Parlamento.

Ma è in questo momento che Mattarella espresse il suo profondo amore per la Sicilia. Rifiutò la candidatura perché -disse- doveva concludere ciò che aveva iniziato alla Regione Sicilia. 

Ogni confronto con la politica di oggi sarebbe impietoso e indecoroso. Non è soltanto la carta della storia impreziosita dal suo giallore a fare apparire Piersanti Mattarella un gigante della politica. È ogni suo intervento. È la sua concezione della politica come “cosa seria” da gestire con delicatezza e onore.

Piersanti Mattarella non faceva il politico. Non l’ha mai fatto. Piersanti Mattarella era un politico. 

Federico Feliziani

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Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.