chandra livia candiani
Cultura

Lo spazio del silenzio – Chandra Livia Candiani

Tempo di lettura: 3 minuti

Da un anno a questa parte, ognuno di noi, più o meno consapevolmente, ha potuto addentrarsi in una personale stanza della meditazione. Qualcuno talvolta controvoglia, chi a passi lenti o più veloci, tutti ci siamo avvicinati a un luogo invaso dal silenzio del mondo intero e degli altri. Ne “Il silenzio è cosa viva”, Chandra Livia Candiani prova a descrivere come “lasciare spazio intorno ai gesti ordinari, dargli una stanza, li fa brillare, permette che essi aprano un varco nell’oscurità in cui di solito viviamo, nel nostro quotidiano sonno.”

Imparare a stare soli con se stessi, cercando “un modo di incontrarsi senza perdersi né in sé nell’altro” è una lezione a volte terrificante, che dura un’intera vita.

“Una stanza della meditazione non è un luogo esemplare, né dove essere esemplari, ma dove stare fermi per conoscere la propria ombra e le proprie impronte. E per procedere oltre.

L’arte della consapevolezza, che permette di fermarsi e osservare la propria ombra, per conoscerla e poi procedere oltre, è il punto di partenza per costruire una “nuova fiducia e un senso di responsabilità” nei confronti di se stessi e degli altri. “

Sospendendo affanno e velocità nelle azioni quotidiane (camminare, cucinare, parlare, dormire) permettiamo alla paura scaturita dal momento storico di cui facciamo parte di emergere ed essere ascoltata.

È utile riconoscere, nelle giornate apparentemente dilatate che “il tempo casalingo è il lusso di avere ancora una quotidianità che rassicura.” Lungi da non voler comprendere la complessità della situazione in cui viviamo da un anno a questa parte, Chandra riconosce come, da una certa prospettiva, tutto ciò stia accadendo “perché non vogliamo fermarci, perché vogliamo sempre crescere, aumentare, essere ovunque, invadere tutto, appropriarci di tutto, diventare tutto, dire di tutto. Non è solo una tendenza psicologica: è un discorso politico.”

La meditazione, in ogni fase della vita, è la pratica che permette di fermarsi nel silenzio e accogliere il dolore e la paura che viviamo quotidianamente, di rispondere alle sfide che questa fase storica sta ponendo.

Attraverso le letture del Buddha, Chandra Livia racconta: «C‘era un uomo che aveva paura della propria ombra e orrore delle proprie impronte. Cosi le sfuggiva correndo. Ma quante più volte alzava il piede, tanto più numerose erano le impronte che lasciava; e più in fretta scappava, meno l’ombra l’abbandonava. Credendo di andare troppo piano, corse più svelto senza mai riposare, finché, all’estremo delle forze, non morì. Egli non capiva che per far scomparire l’ombra bisogna rimanere nell’oscurità, che per far cessare le impronte bisogna rimanere nella quiete».

Nel rapporto con la natura, Chandra sottolinea il ruolo della meditazione come ecologia, l’arte di abitare il pianeta, la mente e il cuore.”: una proposta che può aiutarci a recuperare nella sfera individuale una relazione genuina con il mondo, “lasciandoci accarezzare dalla vita e accarezzandola.

Per esempio, attraverso l’azione del camminare “per camminare”, che compiamo quotidianamente, è possibile apprendere l’umiltà ed “essere intimi con la terra e con l’aria, con la danza del passo, con l’andatura”.

Nelle sue poesie, Chandra Livia è al tempo stesso estremamente gentile e rivoluzionaria, feroce tenerezza. Abbracciare l’intero universo, fermarsi e indugiare rappresentano azioni sovversive davanti alla sfrenatezza mondana: la Candiani mostra che accogliere la sofferenza significa “togliersi dall’anestesia e quindi aprirsi alla bellezza”.

Leggere Chandra Livia Candiani oggi significa imparare a sentire che la mancanza, il silenzio può aprire a uno spazio fertile in cui l’essere presenti non elimina il dolore, ma permette di accedere alla consapevolezza della propria fragilità.

In questo senso, la poesia è il mezzo attraverso cui i bambini che non vengono visti né ascoltati, e tutti gli invisibili possono avere voce: “La poesia è la lingua di chi non sa parlare.”

“Vado sempre in cerca di poesia, nutre una mia batteria fondamentale, la cerco nei boschi, nella notte, negli alberi, negli animali, nei libri, negli ascolti, negli sbagli. Soprattutto, nella mancanza. Se accetto di mancare, di assaporare quel mio mancarmi sempre, arriva una brezza di parole.”

Irene Ferigo
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