Alla TV dicono - un racconto dal divano
Racconti Brevi

Alla TV dicono – un racconto dal divano

Tempo di lettura: 2 minuti

 

È sera. Sprofondo sul divano.
Tasto i cuscini, dov’è il telecomando?
Non lo trovo.
Mi alzo.
Accendo la TV.

 

E alla TV dicono che è un peccato capitale
fare sesso di fronte a un crocifisso
perché, si sa, il buon cristiano è sempre pronto
ad allungare la mano,
ad allungare le mani
a chi è in difficoltà.

Ed è sempre il figlio a chiedere perdono per i propri peccati, mai il padre.

 

E alla TV dicono che il divario salariale
è un’invenzione delle donne che,
si sa
quella gonna, quello sguardo, quel corpo
troppo poco vissuto
andrebbe vissuto un po’ di più.
Da me, da mio figlio.
Da tuo padre.

Com’eri vestita quando sei nata?

 

E alla TV dicono che una nuova pandemia
si sta espandendo in tutto il globo
in ogni continente milioni di casi
in alcuni miliardi
e questa pandemia si chiama
umano
poco
umano.

Indossa la mascherina, prima di puntare.

 

E alla TV dicono che il clima
non si adatta ai cambiamenti
non lo fa una bambina
con le trecce corrose
da parole ostili.
È un capriccio da bambina
che batte i piedi a terra
per morire di caldo.
Per morire.
Al caldo.

È Asperger. L’ho letto sui giornali.

 

E alla TV dicono che devo aiutare
qualcuno a casa mia
ho cercato ovunque
non ho trovato nessuno
solo un riflesso
nello specchio del bagno
ero io, ho teso una mano
l’ho lasciata cadere.

Nel mare, nel mare. Oggi più di cento.

 

E alla TV dicono che ci sono troppi sessi
e troppi generi
e che fare il genitore
è un treno che si prende una volta
sola
un treno che non passa
su un binario
non-binario.

Che schifo, quei due. Che lo facessero a casa propria!

 

E alla TV dicono che il suicidio
è la sconfitta degli ultimi
e non la vittoria di chi
con un salto nel vuoto
mette le ali al dolore.

Che sconfitta, questi giovani.

 

E alla TV dicono che in caso di necessità
non bisogna rompere il vetro
perché si rischia di passare
dalla parte del torto
dalla parte
di un morto.
Perché alla TV dicono che in un posto lontano
poco lontano
durante una manifestazione
una vetrina è morta
perché un nero
è andato
in frantumi.

E la vita dei bianchi?

 

E alla TV dicono che oggi
i morti sono quattro
o quattrocento
o quattromila e mi domando
durante il notiziario delle sette
se ci sono anch’io tra loro.

 

Mi alzo dal divano.
Spengo la TV.
Questa sera – penso –
ho perso molto di più
di un telecomando.

 

Giuseppe De Filippis

 

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Giuseppe De Filippis
Studente di scienze politiche, vive a Napoli. L’attualità è l’amorevole moglie che lo fa sentire al sicuro, la letteratura la sua amante capricciosa. Inesorabilmente devoto alla poesia e all’orrido non necessariamente in quest’ordine. Ha un dattiloscritto nel cassetto. Ha da poco capito che il cassetto è se stesso.