Alfred Hitchcock 5 scene
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Alfred Hitchcock: 5 scene del maestro della suspense

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Oggigiorno Alfred Hitchcock è considerato un maestro indiscusso dell’arte cinematografica, ma la sua reputazione non è sempre stata delle migliori. La sua preferenza per la narrativa di un preciso genere, il giallo/thriller, lo hanno per più di trent’anni condannato ad occupare la sedia destinata a tutti quei registi che presentavano lavori sempre in linea con il gusto popolare.

Ad innalzarlo al ruolo di autore ci ha pensato la scuola francese dei Cahiers du cinéma fondata da André Bazin, che vide nella fedeltà di Hitchcock al genere del giallo e nella sua continua ricerca del comportamento umano attraverso i suoi personaggi, una delle cifre stilistiche più evidenti del cinema hollywoodiano classico.

Alfred Hitchcock è stato colui che è riuscito a coniugare un genere dell’intrattenimento come il thriller con analisi accurate e profonde delle passioni umane, ponendo le basi per quello che è il linguaggio cinematografico odierno.

In occasione dell’anniversario della sua morte riviviamo i capolavori di Alfred Hitchcock attraverso 5 scene.

“Notorius – L’amante perduta” (1946)

Ingrid Bergman è la protagonista di questa storia dove film di spionaggio e film d’amore si intrecciano perfettamente per andare a creare quello che Truffaut (membro dei Cahiers du Cinéma) definì «un film di una purezza magnifica». La scena più celebre è rappresentata dall’inquadratura che dall’alto della scalinata piano piano si avvicina al personaggio della Bergman fino a includere solo il dettaglio della sua mano dove si cela la chiave che poco prima aveva sottratto al marito. La caratteristica stilistica principale di Hitchcock è racchiusa proprio nell’utilizzo della macchina da presa, unica vera narratrice delle sue storie: sceglie lei quando e come far vedere.

“La finestra sul cortile” (1954)

In questo film più che in altri si assiste all’ossessione che Hitchcock ha per l’atto di guardare, di osservare, di spiare. In questo modo la pellicola con protagonisti Grace Kelly e James Stewart diventa un’analisi metacinematografica del concetto di voyeurismo, uno dei più discussi tra gli studiosi di cinema. La scena iniziale dimostra inoltre la capacità del regista di raccontare attraverso le immagini. Ad esporre i fatti ci pensa la macchina da presa, che attraverso un gioco di inclusione ed esclusione dal campo ci descrive l’ambiente e chi lo vive.

“La donna che visse due volte” (1958)

Il film il cui titolo italiano rappresenta uno degli spoiler più grandi della storia del cinema è anche noto per aver dato i natali all’effetto Vertigo, ancora oggi molto utilizzato. Nella famosa scena della torre assistiamo il protagonista, interpretato da James Stewart, inseguire per le scale Madeline, interpretata da Kim Novak. Bloccato dalla sua paura dell’altezza non riesce ad impedirne il suicidio. Il senso di vertigine è realizzato attraverso il movimento della camera che contemporaneamente esegue un carrello all’indietro e una zoomata in avanti.

“Psycho” (1960)

“Psycho”, film svolta del regista inglese, è la pellicola che più di tutte ha dimostrato l’abilità di Hitchcock di creare suspense. Con questo film nasce una nuova concezione di horror, costruita sulla tensione narrativa e sul ritmo. Questo film è figlio dell’esperienza televisiva che Hitchcock ebbe con il ciclo “Alfred Hitchcock Presents”. Così “Psycho” adotta gli strumenti di produzione televisiva: pellicola in bianco e nero, budget misero e tempi di lavorazione ristretti. Il risultato è un capolavoro della cinematografia. La scene più famosa? Ovviamente quella dell’efferato omicidio nella doccia, dove il montaggio diventa il grande protagonista: una successione di immagini che ricorda lo stile di Ėjzenštejn riesce a conferire ritmo alla scena e a giocare con la tensione dello spettatore.

“Gli uccelli” (1963)

Uno dei film che ha avuto più successo al botteghino e che al contempo venne accolto negativamente dalla critica del tempo. Il motivo? “Gli uccelli” risultava sconclusionato e lontano dal thriller a cui il maestro aveva abituato. Invece “Gli uccelli” è il film che più di tutti riesce a mettere in luce l’abilità che ha il regista nella costruzione del pathos orrorifico. La scena in cui Tippi Hedren attende l’uscita da scuola di Cathy ne è un esempio perfetto. L’inquadratura della protagonista intenta a fumare una sigaretta è intervallata dall’inquadratura di un’impalcatura situata alla sue spalle. Ad ogni nuova inquadratura il numero di uccelli appollaiati sull’impalcatura aumenta fino a quando la donna non le rivolge lo sguardo e la quantità di uccelli è spaventosa. Lo spettatore, già a conoscenza del comportamento strano dei volatili, non può che reagire inquietato allo scorrere di queste immagini.

Sara Tocchetti
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