Il dilanio senza fine di territori martoriati, l’impegno sociale, la lotta determinata contro un disastro noto ma spesso ignorato, la sofferenza personale, le ferite individuali e collettive mai rimarginate. Convive tutto questo e molto altro in Viaggio nella terra dei fuochi, quello che il suo autore Gabriel Aiello, definisce “libro documentario”.
Quello di Aiello è un viaggio che comincia a ritroso, dalla tragica vicenda personale che a 14 anni lo ha reso orfano di padre e che ha consacrato la vita dell’ambientalista di Casalnuovo di Napoli alla lotta incondizionata e senza soluzione di continuità contro la devastazione ambientale in Campania. Prosegue poi fino al presente, un presente in cui tutto porta all’evidenza che la tesi della terra dei fuochi come fenomeno circoscritto all’entroterra campano non regga più da un bel po’.
Emerge con limpidezza, piuttosto, un connubio malsano tra imprenditoria deviata e camorra che trae linfa dalla discontinuità dell’attenzione mediatica sul tema – e dalla rassegnazione quasi consequenziale della popolazione civile. La devastazione viene presa in esame caleidoscopicamente, a 360 gradi: i primi intombamenti di rifiuti negli ’80, gli sversamenti e i roghi tossici, le ecoballe, la diossina, attaverso le parole degli attivisti che Aiello ha conosciuto lungo il cammino.
“Viaggio nella terra dei fuochi” è una via crucis che da personale diventa ben presto collettiva, un insieme di sussurri che sfocia in un grido di dolore. Ancor’oggi inascoltato.