Cultura

Spazio, tempo e gravità: dentro la storia di Mileva

Tempo di lettura: 4 minuti

Consultando le lettere corrisposte con il marito, l’attrice Ksenija Martinovic ha provato a ricostruire la biografia di Mileva Maric, scienziata e prima moglie di Albert Einstein. Nello spettacolo “Mileva”, messo in scena a febbraio di quest’anno a Udine e prodotto dal CSS Teatro Stabile di Innovazione, l’attrice presenta l’ennesima storia di un “effetto Matilda“, dell’adombramento di figure femminili che ricorda le vicende di Rosalind Franklin, Lise Meitener e Jocelyn Bell, per citarne alcune.  In questo caso, la protagonista della vicenda è Mileva, la prima donna ad essere stata ammessa al Politecnico di Zurigo, prima moglie di uno dei più grandi scienziati del XX secolo. Una storia rimasta nascosta per troppo tempo, che offre la possibilità di esplorare sentieri intatti: da un lato, permette di avere uno sguardo nuovo, più completo, nei confronti dell’intera vicenda scientifica del tempo e, dall’altro, testimonia la determinazione e i risultati conseguiti da Mileva, rimasta nell’ombra, senza alcun tipo di riconoscimento. Abbiamo chiesto a Ksenija Martinovic, ideatrice dello spettacolo, di raccontarci come è nato questo progetto.

 

 

Per iniziare questa intervista, mi piacerebbe chiederti come nasce la tua passione per il teatro. Qual è stato il tuo percorso?

La mia passione per il teatro nasce quando, da ragazzina, in uno spettacolo di danza contemporanea dovevo ad un certo punto recitare una poesia in serbo.

Ancora oggi ricordo la sensazione che provai.

Il cuore mi batteva molto forte e mi sentivo tanto agitata.

Una sorta di paura mista al desiderio. Una vitalità che non avevo mai provato prima.

Credo che in quell’istante sia nato il mio desiderio di fare l’attrice.

A febbraio 2020 al Teatro San Giorgio di Udine è andato in scena per la prima volta il tuo spettacolo “Mileva”, ora purtroppo sospeso. Come è nato il desiderio di raccontare questa storia?

Quando ho approfondito la biografia di Mileva Maric Einstein, ho sentito la necessità di raccontare questa storia, penso che sia giunto il momento di parlarne. Mileva è stata la prima moglie di Albert Einstein, ma non solo, è anche una fisica e matematica serba completamente dimenticata dalla storia. Il titolo dello spettacolo è “Mileva” proprio perché è una donna senza cognome. La dicitura del suo cognome è ambigua c’è chi la chiama Maric e chi Maric Einstein, alla fine dei conti si tratta soltanto di una scelta politica e la trovo una cosa ingiusta.

La storia di Mileva ricorda quella di molte donne impegnate negli studi scientifici ma oscurate da figure maschili. Cosa ti ha colpito della sua storia?

Ancora oggi c’è un dibattito scientifico aperto sul possibile contributo di Mileva Maric Einstein alla teoria della relatività ristretta di Albert Einstein. Dalle lettere che si sono scritti si può intuire che il loro amore nasce intorno alla passione per la fisica. Pensare che ad oggi nessuno conosca Mileva Maric Einstein lo ritengo molto grave e doloroso. Mi colpisce! Mi infastidisce! Ecco allora che ho deciso di dare voce a questa vicenda per ricordare una delle tante donne dimenticate e oscurate dalla storia.

Di conseguenza, dalla storia di Mileva emerge un’inedita immagine di Einstein. Che cosa ti ha colpito del loro rapporto?

Non pensavo che l’essere umano fosse in grado di arrivare a tanto: Einstein è sicuramente stato un grande scienziato, ma dalle lettere è chiaro che come padre e come marito ha fallito.

Tu e Mileva, tra l’altro, condividete le stesse origini geografiche. In che modo ti senti legata al suo personaggio?

Conosco i posti che Mileva descrive nelle lettere, la cultura e il suo orgoglio. Quest’ultimo, una tipica caratteristica della mia terra. Mi ricorda alcune donne a me vicine, come ad esempio mio nonna Olivera.

C’è un legame affettivo intorno a questa figura storica. Mileva ad un certo punto rimane da sola, abbandonata, senza soldi, a far crescere i suoi due figli di cui uno malato di mente.

Rimane in silenzio. Sola. Non ha mai voluto un riconoscimento, niente. Per me questo significa essere una donna forte.

In che modo si è sviluppata la costruzione dello spettacolo? Chi è stato coinvolto nel processo di studio e nell’allestimento della rappresentazione?

Lo spettacolo è stato creato insieme al dramaturg Federico Bellini e al danzatore e performer Mattia Cason. Siamo partiti ponendoci molte domande su come raccontare questa storia e in che modo. E’ nata una drammaturgia scenica. Abbiamo deciso di mettere in scena gli esiti della nostra ricerca, come le traduzioni inedite delle lettere in tedesco oppure la scoperta della figlia Laiserl scomparsa dalle biografie di entrambi. E le lettere sono state il punto di partenza.

Le azioni si svolgono su un pavimento a scacchiera. Qual è il suo significato?

Il pavimento è un cruciverba. L’idea è nata grazie al lavoro di un’artista che amo moltissimo, Anna Maria Maiolino. Le sue “Mappe Mentali” assomigliano a un cruciverba dove le parole, nel suo caso e per via della censura, non sono scritte. Vedendo quel lavoro ho immaginato uno spazio scenico che poteva dare l’idea di una mappa mentale di parole assolute per Mileva. Ci sembrava una sintesi forte per raccontare la sua vita.

Durante la rappresentazione è presente una figura maschile, Mattia Cason, che ruolo ha all’interno della storia?

La presenza maschile per me era fondamentale in questo storia. Volevo raccontare attraverso il corpo e il movimento, il rapporto tra Einstein e Mileva, ma anche il rapporto tra il maschile e il femminile, dove il maschile predomina, guida, decide. A volte con le parole si arriva a una violenza esorbitante, esplicitarla attraverso il movimento rende più chiara la dinamica.

Un messaggio finale.

Spero che questo spettacolo possa far riflettere su quanto le donne siano state, nella storia, vittime di un sistema patriarcale. Per quanto riguarda Mileva, ho un desiderio, che gli archivi di Einstein, ancora secretati, vengano esaminati al più presto.

Irene Ferigo
Leggi anche: Le venti donne dimenticate dalla storia: Rosalind Franklin
Ti sei perso Cronache di un Borderlain di questo mese? Clicca qui

Leave a Response