parcheggiatore abusivo
Editoriali

L’insostenibile leggerezza del parcheggiatore abusivo

Tempo di lettura: 3 minuti

Questo editoriale sarebbe dovuto essere tutt’altro.
L’intenzione era quella di (auto)celebrare i piccoli ma grandi risultati ottenuti dalla redazione di Borderlain.it a neanche un anno dalla fondazione.
Ce l’avevo pure che già balzavano per la testa alcune frasi motivazionali e di buon augurio per i nostri collaboratori, poi però qualcosa è accaduto.

“Capo, arretra nu’ poc così qua ci metto altre due macchine.
Me lo fai pija nu’ cafè pur a me?”.

Quando nasci in certe zone dell’Italia meridionale, questo suono – questo equivalente del canto di una Sirena cuozza – non può non esserti familiare.
Sudato, scazzato, in ritardo e alle prese con più bagagli di quanti possano essere trasportati da due mani, mi sono piegato alla “tassa” del parcheggiatore abusivo dopo un timido tentativo di replica.
Gli ho dato l’unica moneta che avevo nelle tasche, con la quale ho pagato il tempo e il fastidio risparmiato nello stare a discutere con questo rappresentante di una tra le categorie umane più inutili e becere che popolano le nostre città.


Il mito dell’euro a piacere

Il parcheggiatore abusivo – o “guardiamachin”, come piace a lui definirsi – è una figura che, senza alcuna autorizzazione né necessità reale, si improvvisa guardiano delle vostre autovetture parcheggiate nonché proprietario del manto stradale.

Quando parcheggiate sulle strisce blu al di fuori dell’orario in cui è previsto il pagamento, lui è lì ad aspettarvi.
Quando parcheggiate sulle strisce bianche, lui è lì ad aspettarvi.
Quando parcheggiate sulle strisce blu e dovreste pagare la sosta al comune o l’ente competente della vostra città, lui è lì ad aspettarvi.

Non si sa bene in quale secolo sia nata questa nobile professione, ma secondo alcune fonti sarebbe stata inventata da un mitico precursore che, sul lungomare di Mergellina, ha cominciato a chiedere totalmente ad cazzum “un euro a piacere” a tutte le auto che si accingevano a sostare.

Col passare degli anni, sempre più persone si sono avvicinate a questa stimabile attività di accompagnamento al parcheggio e alcuni sostengono addirittura di aver frequentato dei corsi avanzati presso le varie Università della Vita presenti sulla Penisola.

In molti pensano che i parcheggiatori abusivi siano un prodotto esclusivo del sud Italia, ma in realtà sono stati avvistati anche in altri lidi d’Europa come la Spagna e il Portogallo e oltreoceano (Brasile, Messico e non solo).

Un’estorsione fatta passare per arte dell’arrangiarsi

Se non vi è mai capitato di discutere con un parcheggiatore abusivo sul perché si dovrebbe pagare per un servizio inutile, non richiesto e illegale, c’è del materiale sul web che potete consultare per farvi un’idea di come la categoria giustifichi (e in alcuni casi addirittura nobiliti, ndr) la propria esistenza.

-“Meglio fare questo che andare a rubare”.

– “ È colpa dello Stato!”

Il parcheggiatore abusivo è talvolta disposto a rispondere con toni minacciosi a coloro che non intendono piegarsi alla “tassa dell’euro a piacere”.
Sarà perché è seriamente convinto di avere una giustificazione sociale per il modo in cui porta il pane a casa, di fatto una richiesta di carità che talvolta diventa vera e propria estorsione.
Sarà perché molto raramente (leggi “ogni morte di papa”) questi signori vengono puniti per i loro reati.

Sulla miseria umana e la fallacia di un sistema economico e sociale che vede sempre più disparità tra gli ultimi e i primi ci sarebbe sicuramente da ragionare, soprattutto in tempi come questi.
Ciò, però, non eleva il parcheggiatore abusivo a paladino della lotta di classe, né giustifica la sua attività criminale. Perché di questo si tratta.

Sarebbe troppo facile, nonché arguto quanto un ragionamento di qualche leghista, invitare semplicemente il parcheggiatore abusivo ad “andare a lavorare”.
La realtà, soprattutto al Sud, è molto più complessa di quanto possa pensare uno scimmione in giacca e cravatta col poster in camera della “Padania Libera”.
Il fatto che questi signori, però, dovrebbero dedicarsi ad attività dignitose (ma probabilmente non altrettanto remunerative) e sicuramente più utili alla comunità, è innegabile.

Ma poi toccherebbe andare a riprendere il volume di Sociologia della devianza e questo editoriale prima o poi deve finire.

Quale futuro per il nostro Robin Hood del marciapiede?

Se i parcheggiatori abusivi e il loro euro a piacere continueranno ad animare le nostre misere vite nei secoli dei secoli, ce lo dirà la storia.

Non si possono certo biasimare i cittadini che non hanno l’audacia di lanciarsi in lunghe e talvolta pericolose querelle contro questi personaggi della strada.
Dovrebbero essere le istituzioni, in una società che funziona, a far sì che il fenomeno si estingua così come è nato o perlomeno venga perseguito in maniera adeguata.

La legge italiana punisce l’esercizio dell’attività del parcheggio abusivo, qualora riconosciuto, solamente con una sanzione amministrativa (che può variare tra i 700 e i 3.000 euro).
È risaputo, tuttavia, che spesso i parcheggiatori abusivi risultano ufficialmente nullatenenti ed è quindi molto difficile che la sanzione venga effettivamente pagata.
Costoro sono inoltre ben attenti a non farsi cogliere in flagranza di reato dalle forze dell’ordine.

L’attuale emergenza sanitaria ci ha insegnato che, volendo, tutto può cambiare.
Avete letto bene: “volendo”.

Continueremo probabilmente a sostare vivendo un euro a piacere alla volta.

Pietro Colacicco
Leggi anche: Storia di una pandemia vissuta dal divano
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Pietro Colacicco
Responsabile Editoriale di Borderlain.it. Laureato in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali e Giornalista pubblicista dal 2017. Scrive per non implodere. Conosce a memoria la tabellina del 9.