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Mank: recensione del film di David Fincher con Gary Oldman

Tempo di lettura: 3 minuti

Quest’anno il record di nomination agli Oscar l’ha fatto un film prodotto da Netflix e diretto da David Fincher. Stiamo parlando di “Mank“, biopic sulla figura di Herman J. “Mank” Mankiewicz, sceneggiatore di “Quarto potere“. Ecco a voi la recensione.

Herman J. “Mank” Mankiewicz, costretto a letto in seguito ad un incidente d’auto, si sta dedicando alla stesura della sceneggiatura di “Quarto potere“, film d’esordio di Orson Welles. Attraverso dei flashback viene illustrata la sua vita come sceneggiatore della MGM e le sue amicizie che hanno influenzato la scrittura di “Quarto potere“, specialmente quella con William Randolph Hearst, figura a cui è ispirato il protagonista del film.

Mank” come biopic

A primo impatto “Mank” potrebbe essere l’ennesimo film sull’ennesima figura che ha influenzato la storia del cinema. Un film biografico alla scoperta dello sceneggiatore Herman J. “Mank” Mankiewicz, che tra la metà degli anni Venti e i primi anni Cinquanta è stato una figura controversa sia per i suoi eccessi (alcool e gioco d’azzardo) sia per la questione legata alla paternità della sceneggiatura di “Quarto potere“. Secondo una teoria (poi smentita) la sceneggiatura di “Quarto potere” è infatti da attribuire interamente a Mank e non anche a Orson Welles, come invece è indicato nei titoli di coda del film. A Fincher poco importa che questa teoria sia stata smentita e in “Mank” il suo protagonista è l’unico autore della sceneggiatura.

Il Mank di Fincher è portato sullo schermo da Gary Oldman, come sempre perfetto ma forse un po’ troppo vecchio per il ruolo. È un uomo geniale, creativo, sregolato, eccessivo, pieno di vizi, cinico, disilluso, ribelle. È un antieroe destinato ad autosabotare se stesso. la sua carriera e chi lo circonda. La tridimensionalità del personaggio è dovuta soprattutto alla sceneggiatura del padre di Fincher, Jack Fincher, forse l’elemento più riuscito di tutto il film.

Mank” come omaggio

Se si scava sotto la superficie però “Mank” diventa molto di più di un semplice biopic. “Mank” è in tutto e per tutto un omaggio al cinema e alla sua storia. La pellicola racconta i retroscena che hanno dato vita a “Quarto potere“, universalmente considerato uno dei film più importanti della storia del cinema. Ma gli onori in questo film non vanno a Welles, qui personaggio minore, messo in ombra  (letteralmente) e rappresentato come un pomposo e subdolo individuo. Gli onori vanno a Mank e agli sceneggiatori in generale che, sopratutto in quel periodo, valevano pochissimo all’interno delle major hollywoodiane, ma che in un modo o nell’altro sono stati fondamentali e necessari per dare vita a così tante storie.

Se da un lato c’è una volontà di omaggiare chi il cinema lo scrive, dall’altro c’è un tentativo, poco riuscito, di ricreare lo stile visivo del cinema degli anni Trenta e Quaranta e soprattutto quello di “Quarto potere“. Peccato che il digitale che simula le imperfezioni della pellicola non basti a Fincher per raggiungere il livello che Welles toccò con “Quarto potere“, ma rimane sulla scia della citazione didascalica e, a volte, un po’ pretenziosa.

Mank” come memoria

L’importanza di “Mank” risiede quasi totalmente nell’aver portato sugli schermi delle smart Tv il cinema di settant’anni fa nella speranza di avvicinare un pubblico più giovane ad uno dei film più significativi che siano mai stati realizzati. Perché tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero vedere “Quarto potere“.

CONSIGLIATO: Sì

VOTO: 7/10

Sara Tocchetti
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