Polonia
Società

Strefa wolna od LGBT, in Polonia la storia si ripete con la stessa violenza

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Qualcuno (forse Mark Twain ma l’attribuzione è dubbia) una volta disse “la storia non si ripete ma rima con sé stessa”. Non è vero. 
A volte la storia non fa solo “rima con sé stessa” ma arriva a ripetersi con la stessa brutalità e violenza.  

Siamo attorno agli anni ‘40, in Germania ha inizio lo spaventoso genocidio degli ebrei. Lo scopo (ben noto a chiunque) era quello di far sparire la comunità ebraica non solo dalla Germania ma dalla faccia della terra.
Nel 1943 Berlino viene dichiarata “
Judenfrei”, ovvero “libera dagli ebrei”.
Siamo nel 2019, in Polonia il comune di Swidnik (e in generale la destra) dà il via ad una serie di azioni legislative volte ad attaccare la comunità Lgbt e arriva a definirsi “strefa wolna od LGBT” ovvero zona libera dall’ideologia LGBT”.
All’inizio questa definizione riguardava solo il comune di Swidnik. Ad oggi (aprile 2020) sono cento i comuni che si sono dichiarati “strefa wolna od Lgbt”. E in un attimo la storia si ripresenta e non fa più solo “rima” .

I fatti

Ma come è potuto accadere? 
Ricordiamoci innanzitutto che si parla della cattolicissima Polonia, un paese dove la chiesa va a braccetto con la destra ultra conservatrice.
Non è dunque strano che tutto questo sia avvenuto qui, dove già da tempo regna un clima di intolleranza nei confronti della comunità. Clima che negli ultimi tempi è, appunto, peggiorato e tale peggioramento è iniziato a febbraio dell’anno scorso.

Nel febbraio del 2019 infatti il sindaco di Varsavia sottoscrive una dichiarazione con lo scopo promuovere la fine di qualsiasi discriminazione omofoba all’interno delle scuole (dove avviene il 70% delle violenze). Una dichiarazione vista subito come intollerabile.
Non è infatti tollerabile che, in Polonia,  si cerchi di porre fine alla violenza e sicuramente non lo può tollerale il maggior partito di destra  Prawo i Sprawiedliwość  che sull’odio nei confronti degli omosessuali ha fondato la sua campagna elettorale (Hitler docet).
Così il sindaco di 
Swidnik, che fa parte del partito, dichiara la sua città libera “dall’ideologia LGBT” e a lui faranno seguito gli altri comuni. 

“Strefa wolna od LGBT”

Ma cosa significa, in sostanza, “zona libera dall’ideologia LGBT”?
Significa che, in queste zone, l’esistenza civile e politica della comunità è negata e di conseguenza l’omofobia non solo è accettata ma è anche incoraggiata
Perché negando l’esistenza stessa della comunità all’interno di quelle zone si sta negando anche la possibilità che su di essa si eserciti violenza. Perché, se qualcosa non c’è, è impossibile che subisca violenza. 
Così viene impedita ogni protezione giuridica alle vittime e allo stesso tempo ogni rappresentazione politica.
Le associazioni LGBT infatti sono state escluse dai bandi di concorso e si impedisce a loro di organizzare eventi.

La crociata della chiesa polacca 

In Polonia la comunità si ritrova così ghettizzata e tutto ciò avviene con l’appoggio della chiesa polacca. È d’altra parte quest’ultima la prima sostenitrice della politica d’odio della destra; politica che sostiene attraverso una vera e propria crociata alla comunità LGBT accusata di minare i valori della famiglia, dello stato.

Le accuse non si fermano qui. Chiamati infatti ad esprimersi sulla questione, i principali esponenti ecclesiastici hanno accusato gli appartenenti alla comunità di pedofila, zoofilia e necrofilia.
Non solo dunque la comunità LGBT sarebbe responsabile della fine di ogni valore, ma sarebbe anche causa delle principali deviazioni del comportamento sessuale umano. Ed è curioso che un’accusa del genere arrivi proprio dalla chiesa polacca. È curioso soprattutto se pensiamo che dal 1990 circa quattrocento sacerdoti polacchi sono stati accusati di pedofilia.
Ma tranquilli! Passando sopra ai diritti delle persone possiamo finalmente risolvere la questione.
 

Una risoluzione inconcludente

Ciò che sta avvenendo in Polonia è una chiara violazione dei diritti umani che ha suscitato la reazione della comunità europea. 
Il 18 dicembre 2019 è stata infatti votata una risoluzione che condanna «tutti gli atti pubblici di discriminazione contro le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali nelle zone franche LGBT» in Polonia. 
La risoluzione non è stata però votata all’unanimità. Ci sono stati infatti 105 voti contro e fra questi anche gli eurodeputati della Lega e alcuni eurodeputati di fratelli d’Italia (ovvero il partito di Giorgia Meloni che verso la fine dell’anno scorso urlava da un palco d’essere una donna e di opporsi al “genere LGBT”).
Inoltre tale risoluzione non ha valore vincolante e ad oggi (come dimostra il notevole aumento di queste zone) si è dimostrata totalmente inefficace 

Per amore della Polonia

Davanti a questa situazione è necessario una presa di posizione netta da parte sia dell’Europa come comunità che dei singoli paesi. Soprattutto è necessaria una presa di posizione da parte dell’Italia.
In Italia tredici comuni sono gemellati con realtà che di fatto hanno promosso in Polonia mozioni omobitransfobiche. Tredici comuni che non possono restare in silenzio. È infatti fondamentale che vi sia una pressione politica e un aiuto alla comunità da parte dei sindaci di questi comuni perché la situazione migliori. 
Per questo negli ultimi giorni è stata lanciata online  dall’associazione iI Grande Colibrì, insieme all’Associazione Radicale Certi Diritti e a movimento All Out la petizione “Per amore della Polonia” che ha esattamente questo scopo.
Perché la storia si ripete ma non deve avere la stessa conclusione.  

Miriam Ballerini
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