Niente messa in Fase 2
Politica

Niente messa in Fase 2: l’ansia da predica travolge la Chiesa

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Il 26 aprile scorso, in diretta nazionale, il Premier Conte ha reso delle anticipazioni su come il nuovo DPCM regolerà la tanto attesa Fase 2, fase di “convivenza” con il coronavirus. Tra le attività consentite dal prossimo 4 maggio non figura la celebrazione di funzioni religiose.

La Conferenza Episcopale Italiana ha immediatamente fatto pervenire un comunicato stampa di forte disaccordo con quanto previsto dal Governo, adducendo finanche la compromissione della libertà di culto.

Risentimento

L’autorizzazione alla celebrazione delle funzioni  funebri (con un massimo di 15 persone e comunque nel rispetto della normativa anti-Covid), è evidente,  non ha soddisfatto la conferenza degli ecclesiastici.

Il comunicato stampa, diramato a poche ore dal DPCM, a mezzo dei canali ufficiali CEI, non usa clemenza verso l’azione governativa e lamenta che “il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato […] esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”. E ancora, rivendicando la propria autonomia: “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale. […] I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto“.

La risposta del Governo

La  Presidenza del Consiglio, tramite notaha prontamente ribadito le posizioni espresse dal premier. Si promette, di contro, una subitaneo impegno al raggiungimento di una soluzione. Molti hanno interpretato il messaggio di Conte come un effettivo invito alle trattative.

Il Capo del Governo, intervistato a Milano, ha tuttavia affermato, con diplomatica cortesia, la rigidezza del Comitato tecnico scientifico a riguardo. Gli esperti, in possesso del quadro epidemiologico completo, hanno categoricamente escluso, ad oggi, l’adottabilità di una siffatta concessione. Com’è comprensibile, sarebbe impensabile concedere la celebrazione di messe “di popolo”, come chiedono i vescovi, senza figurarsi conseguenze catastrofiche nella lotta alla pandemia. In una fase così delicata, autorizzare ammassi di persone al chiuso e a distanza ravvicinata potrebbe mandare a monte tutti gli sforzi realizzati fin qui per il contenimento dell’espansione epidemiologica. D’altronde non sono stati riaperti i teatri o autorizzate le manifestazioni sportive.

Tra le criticità più preoccupanti il presumibile elevato numero di anziani partecipanti e l’eucarestia.

Una presa di posizione

Tutto questo,  la CEI- che oggi sostiene le Chiese non siano luoghi di contagio- lo sa bene. Già dai primi di marzo, infatti, aveva compreso e assecondato le disposizioni governative di contenimento. Inoltre, come affermato nello stesso comunicato, aveva collaborato con l’esecutivo ad un piano in previsione di un’eventuale apertura.

Ciò non è bastato a far desistere l’assemblea dei vescovi dal creare una crisi diplomatica senza precedenti, almeno dall’avvento dell’era repubblicana, col Governo Italiano. L’episcopato lamenta che il clero sia additato quale untore e che vacilli la libertà di culto.

In atto, però, non c’è nessuna persecuzione. Non solo quella di culto ma tante altre libertà costituzionalmente garantite hanno, legittimamente e temporaneamente, dovuto cedere il passo alla tutela della salute pubblica che, data l’emergenza, merita maggiori cautele.

A ben vedere, anzi, i toni e la tempestività del suddetto comunicato sembrano proprie, più che altro, di una precisa e premeditata mossa politica, nel senso più stretto del termine. Probabile casus belli: la mancata approvazione del piano approntato dalla CEI da parte del Cts. L’Italia è uno stato laico ma, a quanto pare, i vescovi non si possono ignorare.

Interviene il Papa

A calmare un po’ le acque ci ha pensato Papa Francesco. “Prudenza e […] obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni” ha dichiarato il Pontefice dalla sua residenza, Casa Santa Marta, durante la teletrasmessa funzione mattutina. Così Sua Santità ha espresso chiaramente la propria posizione schierandosi, di fatto, a favore del Presidente del Consiglio. In sintesi, i tempi non sono maturi.

Certo peserà sulla Conferenza Episcopale il veto del Papa, ma la polemica sembra tutt’altro che sopita. Sul tavolo del Governo la questione rimane un non proprio semplicissimo ordine del giorno.

Rimarrebbe da chiedere alle Loro Eminenze se ai pulpiti, cui non vedono l’ora di tornare, non sarebbero più appropriate prediche confortanti che dichiarazioni di guerra. Se non sarebbe giusto, in questi tempi duri, che almeno la Chiesa adoperasse la propria funzione sociale al calmare e confortare i fedeli, guidandoli al rispetto delle regole e della situazione, piuttosto che promuovere facili malcontenti.

Per ora, non ci è dato sapere. Mistero della fede.

Enzo Panizio

 

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