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Politica

L’era delle sardine è finita (ma poi, era mai iniziata?)

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La politica non è un gioco da ragazzi e le sardine l’hanno finalmente capito. Un’escalation tanto breve ma intensa, quella di Sartori & Co, che non si può neanche chiamare storia. Semmai favola della buonanotte dato il tramonto che sta calando sul loro mare.

Dopo l’inizio col botto presentandosi nelle piazze come spontaneo anticorpo anti Lega in Emilia-Romagna, ecco il susseguirsi frenetico di interviste e comparse in televisione per scivolare con schianto sulla fotografia con i signori Benetton. Poi la pandemia, l’incursione da Maria de Filippi e il forzato rinvio del primo raduno a Scampia. L’ultimo colpo di coda l’iniziativa delle 6000 piantine per sostenere la cultura post lockdown. E poi? L’addio improvviso del delfino. Della serie: ciao a tutti, è stato bello ma

[..] Questa responsabilità mi pesa, come mi pesano i dissidi interni, le litigate per i post e le paranoie complottiste.

Sì, è pesante scoprire di aver a che fare con la realtà dopo aver giocato per mesi al gioco della margherita “partito o non partito”. Come è pesante capire di voler portare avanti validi valori in una terra, quella della politica, mai assaggiata da chi nuota nel mare della bontà. È pesante subire la gogna social senza saper contrattaccare.

Perché le belle parole rimangono belle se non attualizzate in validi programmi, nell’istituzione di una comprovata organizzazione interna e nella definizione di ruoli gerarchici. Ne sanno qualcosa i 5 stelle, che vediamo come stanno ridotti.

 

Tanta speranza, poca realtà

Ma le sardine ci hanno creduto comunque scordando l’antica massima decima meridia “chi di speranza campa, disperato muore”. Hanno così tanto creduto ai valori della democrazia concettuale che si sono scordati della strategia, dell’apparire, della concretezza.

Ok, siete contro Salvini, ma poi? Quali sono le soluzioni reali per aiutare un Paese e il suo popolo? Sono importanti i valori, ma servono poco alle migliaia di persone che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Il peso della responsabilità politica è un prezzo da pagare molto alto e le sardine non sono riuscite a sostenerlo.

Matteo Sartori si sarebbe dovuto fermare molto prima di fare cose senza pensare al futuro. Per esempio, prima di presentare a Beppe Sala in diretta Instagram, durante il lockdown, una campagna marketing per le prossime elezioni.

Complimenti per la fantasia, dico davvero, ma perché spendere tutto quel tempo (e forse anche soldi) se alla fine non eravate davvero intenzionati a parteciparvi? Era uno scherzo, un test, un passatempo? E facendo un passo ancora indietro a quando è fioccata la satira, come avete fatto a non capire quanto sarebbe stato difficile il cammino? L’avete scritto voi stessi sui social:

Chi mi conosce sa quanto sia difficile per me scrivere un post in prima persona e raccontare la mia intimità. Ma la verità è che questa vignetta mi ha fatto male. Mi ha fatto male come Mattia. Mi ha fatto male come essere umano. Mi ha fatto male come giornalista. Mi ha fatto male come lettore di giornali.

L’unica lancia che posso spezzare a favore delle sardine è non approvare il completo disinteresse del partito politico più vicino al loro essere, il PD, il quale prima li ha lusingati e poi abbandonati.

Ultima puntata

Ci potrebbero essere tanti temi per allungare il brodo di pesce (per esempio quello che non si lascia spazio ai giovani) ma non ha senso. Perché l’unica verità è che quando il gioco non è stato più un gioco, quando la visibilità è diventata troppa e quando qualcuno ci ha creduto davvero volendo agire concretamente, il leader non leader ha abbandonato la nave lasciando tutti tonni.

Si chiude così il capitolo delle sardine, ma non prima di un bel manifesto valoriale (non sia mai politico, figuriamoci) per godersi poi una pausa di riflessione che manco i primi amori tra 15enni. Forse ritorneranno come le onde del mare dopo l’onda della vergogna.

Forse l’unica speranza rimasta è quella di non essere dimenticati. Non contando le storie da raccontare ai nipoti, s’intende.

 

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Carlotta Cuppini

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Carlotta Cuppini
Fondatrice di Borderlain, le piace organizzare persone e progetti con sorridente serietà. Based un po' in MIlan un po' Bologna, beve caffè amaro al mattino e vino rosso la sera. Colleziona edizioni di 'JF è uscito dal gruppo' che tiene sul comodino insieme a manuali di project management.