La tela tradita
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RACCONTI BREVI: La tela tradita

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La tela tradita

-Nudi.
-Come dici, scusa?
-Saremo nudi per tutto il tempo necessario.
D’accordo, amore mio.

Amore?

-Mettiti comoda. Su quel divano, sì.
-Perché anche tu dovrai essere nudo? Sei tu che dipingi me.
-Una tela, un letto. Che differenza fa? L’amore si fa insieme, nudi.
Sei pronta?
-Cercherò di restare immobile.
-Non sarà necessario.
Iniziamo.

Una macchia.
Questa tela bianca
sarà sporca
di te.

-Raccontami di quando ci siamo conosciuti.
-Te ne sei dimenticato?

Amore?

-Fa’ come ti dico.
-Ti ho visto attraverso le vetrine del bar. Eri seduto a bere un caffè, fissavi il vuoto. Ho pensato stessi cercando un’immagine con cui riempirlo.
Mi sono presentata. Desideravo che quell’immagine fossi io.

Tratteggio i tuoi occhi.
Pupille grandi e scure,
pupille che nascondono
e sorridono.
Ma la mia mano
trema.

-Ferma, così. Fa’ scendere i tuoi capelli sul seno. Ecco, brava.
Non guardare fuori. Guarda me.
E adesso raccontami di quando ci siamo baciati.

Sorride. Non dischiude la bocca.

-Avevamo trascorso la serata in quel pub irlandese che ora ha chiuso. Non ricordo il nome.
Eri un po’ alticcio, stavi cercando d’infilare la chiave nella serratura della macchina. Mi sono avvicinata a te, ho poggiato il mio mento sulla tua spalla.
Ti sei girato quasi sorpreso, ansimavi. La tua bocca sapeva di anice.
L’ho intrisa del mio rum.

Pennellate strette,
come si dipinge
una bocca
abituata
a tocchi
così rudi?

-Voltati. Voglio che mi mostri solo la schiena.
No, non pensare ai capelli. Lasciali così.
Raccontami della prima notte che abbiamo trascorso nella nuova casa.

Sorride, ma sospira.

-Il trasloco ci aveva stremato, passammo la serata tristi e sudati ad aprire i pacchi. Litigammo.
Fu la prima volta che dormimmo insieme senza che mi toccassi.

Delineo curve dolci
di una schiena
sciagurata,
di spalle
troppo rigide,
di serpeggianti anche
che diventano
“neppure”.

-E ricordi…

ma io ricordo?

… di quella volta che ballammo in piazza?
Aspetta, non rispondere ancora. Stendi le gambe. Fa’ penzolare i piedi dal divano.

Sorride di un sorriso flebile.

-Non potrei mai dimenticare quella sera. Tu eri un pessimo ballerino, io fui una pessima compagna. Ma ci divertimmo, questo sì. Ad ogni passo sbagliato, un bacio che non finiva mai sulle labbra.

Linee lunghe
quanto le tue gambe
che cadono fiacche
tra passi sbagliati
e pensieri taciuti.
Amore, per ogni mio passo
tre dei tuoi
mi tenevano distante.

-Non ne avremo ancora per molto, te lo prometto.
Porta le mani ai seni.
Stringili un po’. No, non così. Sii delicata.
Raccontami della prima volta che abbiamo fatto l’amore.

Sorride?

-Albeggiava quasi. Scorgemmo un hotel ad ore. Entrammo con l’auto nel parcheggio.
Iniziammo a spogliarci in macchina. E lì restammo, tra i vetri appannati e la radio che trasmetteva nenie fastidiose. Fu romantico.

Ai tuoi seni,
solo ai tuoi,
ho dedicato sguardi
che erano
canti di vittoria
di una guerra
che finiva sempre
per vederci
entrambi
sconfitti.

-Sei stanca?
Sarà tutto finito, tra un po’.
Ascolta: adesso voglio che il tuo sguardo sia rivolto solo a me.
Non curarti dei capelli né della schiena.
Ora voglio che divarichi le cosce.
Così è perfetto.

Sospiro.

E adesso, amore mio,
raccontami di quando
mi hai tradito.

Nessun sorriso. Una curva maldestra e nervosa.

-Amore mio…

Amore?

Si ferma. Poi riprende.

-Tu eri a casa.
Noi qui, nel tuo studio.
Su questo divano.
Vorrei parlarti di sguardi, ma non ne ho visti.
La posizione in cui mi ha costretta non me lo consentiva.

Di tutti i dolori
quello più grande
è sapere,
amore mio,
che indossi mani altrui
come un fregio
di cui non puoi fare
a meno,
e queste mani
ti fanno bella.
Anche al
mio sguardo.

La tela è terminata. Lei è nuda, sul divano. Piange.
E adesso? si domanda.

Un fiammifero. La tela brucia.

I filamenti si consumano come il peccato di cui hanno ospitato le chiazze.

-La mia memoria è tra le dita, amore mio.
E senza il tuo tocco, ricordo
nient’altro che un letto vuoto e mai disfatto.
Di tutti i dolori
quello più grande
è sapere,
amore mio,
che anche adesso,
del tuo peccato
io ricavo
delizia.

Amore?

 

Giuseppe De Filippis

 

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Giuseppe De Filippis
Studente di scienze politiche, vive a Napoli. L’attualità è l’amorevole moglie che lo fa sentire al sicuro, la letteratura la sua amante capricciosa. Inesorabilmente devoto alla poesia e all’orrido non necessariamente in quest’ordine. Ha un dattiloscritto nel cassetto. Ha da poco capito che il cassetto è se stesso.