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Interviste

Nontìscordàrdimé, poesie come fiori in un prato: intervista a Laura Callari

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Ivan Fassio è stato un artista, poeta ed editore piemontese. Abbiamo fatto alcune domande a Laura Callari, la sua compagna, per conoscere meglio la storia che si cela dietro alla raccolta di poesie “Nontìscordàrdimé“, edita postuma. Nella prefazione al libro, Laura scrive:

«Nontìscordàrdimé non è solo un fiore, non è solo una richiesta; è soprattutto il ricordo di un ciclo e del suo passaggio. Dell’alternarsi tra la vita e la morte e più che altro sull’esserci e il non esserci, l’essere visti o il non essere visti. Gli eventi che si ripetono. É un suono che batte un ritmo. Il ritmo ti culla e ti accompagna, è il motore della poesia che dà senso alle cose, come nella musica.
La poesia e le parole, sono un luogo in cui tornare.
Questo fiore ha un comportamento vegetativo abitudinario. Ritorna ciclicamente negli stessi luoghi. Si manifesta con gruppi di piccoli fiorellini e ha un’identità che trova rappresentazione nella molteplicità. Si trova ai bordi delle strade, nelle zone di confine. È l’insieme delle cose che crea un’unità. Chi ha scelto questo titolo, sapeva bene che non c’è parola più adatta per descrivere questo libro, quello che è stato e quello che sarà. Ivan, non è proprio possibile scordarsi di uno come te».
Ivan Fassio poesia
  • Come si è svolto il processo di pubblicazione ed edizione del libro lasciato incompiuto da Ivan?

Ivan sapeva di essere malato e, al punto in cui le cose si sono complicate, mi ha lasciato 10 pagine di “cose da fare”, una cosa che mi fa sorridere ma che trovo molto bella. Tra l’altro, a ogni suo amico ha lasciato qualcosa da fare, cosa che considero essere un atteggiamento di particolare cura, come per dire “continuo ad esserci”.

A questo libro lui ha iniziato a lavorare nel 2019 e poi, non potendolo concludere, ha lasciato delle indicazioni ai curatori sul modo in cui avrebbe voluto fosse edito.

Ho ripreso la bozza che aveva scritto, con circa 90 poesie ma nelle indicazioni desiderava ce ne fossero almeno 120. Le ho disposte in modo che avessero una sorta di linea di comunicazione: l’immagine che mi ha guidata è quella di un prato con dei nontiscordardimé, fiori semplici e spontanei che crescono in campagna, sui cigli della strada. Ho messo insieme una selezione dei testi e poi, per vedere l’effetto del prato di poesie, ho stampato tutto e creato un tappeto visivo sul pavimento.

Non ho più dentro 

Guardo la luce

Che passa bianca

Dalla finestra piccola

Quanto sai tu? Forse

Niente, l’incavo dolce

Della mano tenera.

Carezza ultima. 

Per l’ordine delle poesie, provando a fare del mio meglio secondo la mia sensibilità e il mio punto di vista, forse diverso da quello di Ivan ma ho provato a fare del mio meglio, non avendo altri strumenti.

La prima poesia del volume corrisponde all’ultima poesia che lui ha scritto, perché per me rappresentava l’inizio di qualcosa: parla di cura, di una carezza, di un affidarsi.

Credo forse, da una parte, di essere la persona più adatta a portare avanti questo lavoro artistico, dall’altra, penso di non esserlo per il forte legame affettivo che ho con Ivan, che rende il tutto più complesso.

 

  • Mi ha molto colpito l’immagine che Ivan ha utilizzato durante il vostro primo incontro, quella della scrittura come “lavanderia di parole”. Che cosa intendeva? 

In realtà cosa intendesse esattamente non lo so nemmeno io, ma penso il senso fosse quello di curare le parole, di trattarle e maneggiarle come in lavanderia si portano i capi per preservarli più a lungo e per far sì che abbiano la loro forma migliore.

Ma come si fanno a lavare queste parole? Gliel’ho chiesto più volte ma non mi ha mai risposto in un modo diretto e questa domanda si è presto trasformata in un gioco.

Questo suo essere molto concreto da una parte, e dall’altra assolutamente sfuggente ed impalpabile mi ha sempre molto affascinata e attratta, tanto che dopo quell’incontro ci siamo sempre sentiti e pian piano avvicinati.

  • La tua poesia preferita?

Quando ho aperto la bozza del libro, in un momento di smarrimento emotivo, ogni poesia mi parlava di qualcosa. Forse questa, in particolare, mi ha guidata nel lavoro legato all’edizione del suo libro:

Tu immagina il bianco,

Con meraviglia e terrore

Su questo inchiostro simpatico 

Che di notte non muore:

Il mio notes magico

Per continuare ad esistere…

Ce n’è anche una in cui lui parla di un melograno: prima di leggere questa poesia, subito dopo la sua morte piantai un melograno in un luogo che lui amava molto. Quando la lessi, rimasi molto colpita, dato che il testo recita:

Di filologia-

L’esistenza della melagrana, la parola. 

Ecco, è tutto.

Per magia, 

“Piantala!”, mi si dovrebbe rimproverare.

“Questo melograno, finalmente!”: la pianta della melagrana. 

In tutta la sua produzione artistica c’è un pezzettino del suo essere, e da questo punto di vista tutte le poesie mi parlano.

A posteriori, leggendo le sue poesie ricompongo anche il suo modo di essere e a volte riesco anche a capire molto meglio molti suoi comportamenti o scelte. Nei giorni successivi al nostro incontro, per esempio, ha scritto una poesia e io vi ho trovato moltissimi rimandi alla serata in cui ci siamo conosciuti.

Credo che tantissime poesie, al di là di quello che mi lega ad esse dal punto di vista affettivo, abbiano un valore universale. Ora sarebbe certamente difficile comunicarle come Ivan avrebbe fatto, spesso attraverso delle performance e la gestualità corporea.

 

  • Mi può parlare di Spazio Parentesi? Di che cosa si tratta esattamente? 

Ivan ha aperto questo spazio quando ancora non lo conoscevo. Mi ha più volte ed assiduamente invitata a visitare questo spazio e a partecipare agli incontri ed eventi che organizzava.

Ha sempre vissuto lo Spazio Parentesi come un flusso di coscienza, in cui tutto è in movimento.

Ogni settimana c’era una mostra, o un incontro e vari eventi/workshop e purtroppo, come in generale è difficile per gli spazi artistici indipendenti, non è stato semplice mantenerlo vivo.

Purtroppo il lavoro artistico non viene riconosciuto correttamente, per cui questo luogo è stato chiuso e le attività si sono spostate in uno spazio comunale in centro a Torino.

Ivan ci teneva particolarmente a questo luogo, tanto che tra le “cose da fare” mi ha lasciato diversi contatti di persone da sentire per mantenere le relazioni.

Mi piacerebbe molto che questo luogo fosse il punto di partenza per la diffusione del lavoro di Ivan, che credo abbia un valore universale.

 

 

  • Come è nata la copertina del libro? 

La foto è stata scattata da Ivan lungo il Po, durante una delle sue lunghe passeggiate. Il suo amico fumettista, Riccardo Cecchetti, ha creato poi la copertina partendo da questa foto, dopo mesi dalla scomparsa di Ivan. Anche la copertina, racchiude quindi un pezzetto della sensibilità di Ivan, unita all’affetto che lo circondava.

Irene Ferigo

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