Hollywood
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Hollywood – Recensione della miniserie creata da Murphy e Brennan

Tempo di lettura: 4 minuti

Hollywood è la nuova serie originale Netflix creata da Ryan Murphy e Ian Brennan, disponibile dal primo maggio sulla piattaforma streaming.

California, fine anni ‘40. Un gruppo di giovani aspiranti attori, registi e sceneggiatori di diverse etnie e orientamento sessuale sogna di sfondare a Hollywood. Ma il mondo patinato e all’esterno così perfetto e scintillante è solo una maschera: l’ambiente è spietato, corrotto e ingiusto, sotto ogni punto di vista. Le cose possono cambiare. Bisogna avere il coraggio di ribellarsi e fare ciò che si ritiene giusto, ad ogni costo, fregandosene dell’opinione pubblica e delle conseguenze economiche. 

Ryan Murphy e il suo braccio destro Ian Brennan non sbagliano un colpo e attraverso Hollywood mettono in scena ciò che conoscono meglio: le dinamiche interne alle produzioni americane e le discriminazioni che da sempre caratterizzano questo mondo. 

La Hollywood della Golden Age

Il contesto della Hollywood della Golden Age è semplicemente un pretesto per approfondire tematiche che i due showrunners avevano già affrontato in Glee e The Politician: sessismo, razzismo e omofobia. 

La Hollywood del secondo dopoguerra appariva agli occhi della gente comune come un paradiso terrestre e chiunque sognava di farne parte. In realtà non si discostava granché dal mondo che la ammirava. Le major cinematografiche erano guidate e gestite da uomini potenti e le donne potevano semplicemente aspirare a diventare le loro segretarie. Gli attori di colore potevano aspirare solo a ruoli marginali, nei panni di schiavi o cameriere, senza ricevere nessun tipo di riconoscimento. L’omosessualità doveva essere tenuta nascosta e assolutamente repressa, in modo da non rovinare le immagini di sex symbols ammirati e idolatrati. 

La miniserie parte da questo contesto sociale per raccontarci una storia intrisa di sogni, speranze, qualche illusione e tante emozioni. È una storia che non è realmente accaduta in quel periodo, ma che sta accadendo oggi, ogni singolo giorno. È una storia di lotta per un cambiamento radicale che è tutt’ora in corso, lenta e spesso piena di difficoltà. 

Accettare le regole o opporsi in nome di un cambiamento?

Nel corso dei sette episodi veniamo a conoscenza di una grandissima quantità di personaggi, alcuni fittizi, alcuni realmente esistiti, accomunati tutti, nessuno escluso, da un conflitto moraleaccetto le regole, assolutamente ingiuste, lasciandomi corrompere dal potere e dal successo, o mi oppongo, mettendo a rischio qualunque cosa, con l’intento di migliorare quell’ambiente, per me e per chi mi guarda ed ammira?

Murphy e Brennan sono molto abili ad approfondire questo lato. Chi accetta le regole vive una vita infelice, spesso lacerato da un conflitto interno difficile da sopportare, oppure si lascia totalmente avvelenare da quell’ambiente, diventando perfido e crudele, fino a non riconoscersi più allo specchio. Chi si oppone e prova a far sentire la sua voce viene zittito, ignorato, ghettizzato e messo alla porta.

Sembra impossibile cambiare le cose (e all’epoca così fu) ma gli sceneggiatori ci aggiungono un po’ di fantasia, degna di quel mondo che è la fiction, e cambiano le carte in tavola. Bastano poche persone, determinate e ostinate, che vogliono andare oltre le apparenze, intenzionate a costruire le fondamenta di una rivoluzione. Senza paura, pronte a rischiare, osano e vengono ricompensate.

L’unico difetto che si può evidenziare nello splendido lavoro di Murphy e Brennan è la grande quantità di personaggi che appaiono nel corso degli episodi. Il ridotto numero di puntate non permette di approfondirli tutti in modo completo e alcune risoluzioni della trama potrebbero risultare un po’ frettolose. Una seconda stagione non è in programma e la serie sembrerebbe conclusa, ma i personaggi avrebbero ancora molto da dire. Magari Murphy e Brennan ci ripensano.

Il cast: spiccano Darren Criss e Jim Parson

Il cast è ricco di volti noti e di giovani talenti che si sono mostrati all’altezza del ruolo. Nominarli tutti uno per uno sarebbe impossibile.

Non si può però non citare Darren Criss (L’assassinio di Gianni Versace, sempre di Murphy) che si conferma un bravissimo interprete, capace di comunicare la determinazione del suo personaggio, l’aspirante regista Raymond Ainsley.

L’attrice di colore Camille Washington è interpretata da Laura Harrier, volto ancora sconosciuto a molti, che ha saputo riprendere la plasticità e la teatralità della recitazione che caratterizzava l’epoca.

Patti Lupone è una perfetta Avis Amberg, moglie del proprietario di uno studio cinematografico, che per circostanze particolari sostituirà il marito nella gestione dello studios. L’attrice riesce a trasmettere la forza di una donna intenzionata a dimostrare che è destinata a molto di più che a preparare la cena per il marito.

Nota di merito a Jim Parson, conosciuto da tutti come Sheldon Cooper, nel ruolo del manager Henry Willson (realmente esistito), viscido e ricattatore, senza un briciolo di umanità.

Nel cast compaiono anche David Corenswet, Joe Mantello, Dylan McDermott, Jake Picking, Jeremy Pope, Holland Taylor, Samara Weaving, Rob Reiner e Queen Latifah.

Hollywood: un messaggio di speranza

Ryan Murphy e Ian Brennan riscrivono la storia e mettono in scena una Hollywood coraggiosa e rivoluzionaria, forse con l’intento di dare un messaggio di speranza: le cose possono cambiare! La lotta per un mondo giusto, migliore, libero da sessismo, razzismo e omofobia, dove le etichette non sono necessarie, è tutt’oggi in corso e il progresso è molto lento. Ci stanno dicendo di continuare a lottare, per noi e per chi verrà dopo di noi, perché il mondo sia ogni giorno un po’ più giusto del giorno prima. Guardate Hollywood, ne vale la pena.

CONSIGLIATO: Sì

VOTO: 9/10

Sara Tocchetti
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