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Società

Scuole ancora in lockdown: quando ritorneremo in classe?

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Dopo due mesi interminabili, la quarantena è giunta finalmente al termine. Ma la riapertura non ha coinvolto tutti allo stesso modo: gli asili e le scuole rimangono chiuse fino a data destinarsi (indicativamente settembre) e ormai i più giovani fanno i conti con un futuro incerto e abitudini radicalmente stravolte.

(Non) voglio andare a scuola

Quante volte da piccoli ci è capitato di lamentarci del dover andare a scuola. E nonostante le nostre proteste poche scuse tenevano: a scuola ci mandavano e spesso e volentieri finivamo col divertirci. Perché la scuola non era solo lezioni soporifere, verifiche e interrogazioni; era anche scambiarsi le figurine, inventarsi mille giochi, accordarsi per andare a casa dell’amichetto il giorno dopo.

Ma oggi non è più così: quello che rimane della scuola è un ricordo sfumato e, in veste di supplente, le lezioni online. Ben 94% degli studenti, a detta della ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, è alle prese con la didattica a distanza. Ma se per uno studente universitario può essere un’alternativa ragionevole (discutibile, ma ragionevole) nel caso dei più piccoli una toppa può non bastare per coprire il buco. Il tipo di insegnamento delle scuole non si presta a questo tipo di didattica poiché non si limita al solo apprendimento di nozioni. La scuola è sinonimo di accrescimento e sviluppo personale: un bambino conosce se stesso e impara anche attraverso i momenti di socialità.

La riapertura non è uguale per tutti

Nel mare di polemiche di lavoratori, negozianti, cittadini, gli scolari si sono dovuti accontentare più di tutti. Se negli altri paesi si è cercato di venire in contro alle loro necessità, magari prediligendo la frequenza in presenza per coloro che quest’anno dovranno sostenere l’esame di maturità, in Italia la questione è stata archiviata con un “ne riparliamo a settembre”, senza pensare troppo alle conseguenze.

Ma sono proprio queste conseguenze a preoccupare il ministro dell’istruzione francese Jean-Michel Blanquer: in Francia le scuole hanno riaperto da qualche giorno in rispetto delle misure di sicurezza. E se da un lato questo può farci invidia, dall’altro ci preoccupa il fatto che molte scuole abbiano già dovuto richiudere per alcuni casi di coronavirus. Il ministro non si è detto particolarmente preoccupato, siccome, a detta sua, si tratta di casi contratti prima della riapertura. Ciò non toglie che le scuole sono state preventivamente chiuse al fine di diffondere il contagio.

Diventa dunque complicato conciliare il rientro a scuola con la necessità di evitare il contagio. Vogliamo davvero che i più piccoli si ricordino la scuola con mascherine che nascondono i sorrisi e ovatta o le voci?

Se da una parte c’è una grande voglia di ripartire, dall’altro la prudenza del governo italiano può essere comprensibile, ma sicuramente tale preoccupazione deve essere canalizzata anche verso la salute mentale dei più giovani. Posticipare il problema ormai non è più un’opzione.

Chiara Cogliati
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Chiara Cogliati
Da un anno vive a Venezia dove studia, ogni tanto si rintana leggendo e ogni tanto pensando, anzi spesso, serve per fare tutto il resto. Le piace ascoltare, le riesce meglio che parlare, ma per fortuna sa anche scrivere, un pochino, e allora quello che vorrebbe dire a parole lo scrive, così si diverte.