ritornare a scuola
Società

Tornare a scuola, tornare alla normalità: voce agli studenti

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«Non ci credo: ancora qualche giorno e finalmente tornerò a scuola. Qualche anno fa non mi sarei mai immaginato di avere così tanta voglia di ritornarci. I primi giorni di quarantena non avevamo capito che la scuola sarebbe rimasta chiusa così a lungo. Tutti eravamo contenti di saltare qualche giorno, soprattutto il venerdì che abbiamo musica e la maestra ha un gigantesco foruncolo in faccia che la fa sembrare una strega.

Ma i giorni aumentavano e di tornare a scuola non se ne parlava: dopo qualche settimana ho addirittura iniziato a sentire la mancanza della maestra foruncolosa. Che poi alla fine non era la scuola a non esserci più, dopo tutto le lezioni abbiamo continuato a farle sul computer; erano i miei compagni, la merenda all’intervallo, i pomeriggi in cortile.

Ora che stiamo per tornare a scuola mi chiedo cosa mi aspetta. Tantissime cose sono rimaste in sospeso: non ho più dato quella letterina a Claudia, la tengo ancora sul comodino; il libro di geografia l’ho lasciato a scuola, non vi dico quanto si è arrabbiata mamma, ma io che ci posso fare… di certo la quarantena non la potevo prevedere, o mi sbaglio?

Quello che più mi spaventa del ritorno a scuola sono i No: “No, non puoi riabbracciare il tuo compagno”; “No, non potete giocare così vicini”; “No, le carte non ve le potete scambiare”. I No mi hanno sempre fatto paura, solo che ora sono improvvisamente aumentati: io sono sempre stato bravo a seguire le regole, ma ora che ce ne sono così tante nuove, ho paura di sbagliarmi, di dimenticarmi che quello che qualche mese fa era un Sì, improvvisamente è diventato un No.

Sapete cosa vorrei? Dei “Ni”, ecco sì, una via di mezzo, che le maestre trovassero un modo per farci stare assieme senza dover sempre dire no.

Qualche mese fa ho scritto una lista di desideri, non avevo idea di quando si sarebbero potuti realizzare, ma mi piace pensare a quel giorno di  settembre come a un giorno magico in cui potrò farne avverare alcuni, quasi come si fa con le candeline al compleanno:

  • desidero la normalità: alzarmi per andare a scuola, fare la strada con Marco e comprare la merenda dal panificio sotto casa.
  • desidero rivedere le maestre (sì, anche foruncolosa) e i miei amici.
  • desidero non fare mai più lezione sul computer.
  • desidero passare la prossima Pasqua con i nonni.
  • desidero tanto che il coronavirus se ne vada e che nessuno stia più male per colpa sua.

Ogni tanto mi sembra di vivere in un film: il coronavirus è un mostro cattivissimo e invisibile; i grandi cercano di risolvere le cose ma non sono abbastanza uniti per sconfiggere il grande mostro e quindi finiscono col prendersi a botte tra di loro. Noi piccoli invece potremmo essere gli eroi, solo che alla fine veniamo trattati come delle comparse. Un modo per sconfiggere il cattivissimo mostro c’è, solo che i grandi non lo vogliono vedere: preferiscono litigare tra di loro.

Tra pochi giorni è anche il mio compleanno: a mamma è piaciuta così tanto la prima lista che mi ha detto scriverne un’altra. Una lista dei desideri con tutti i regali che vorrei ricevere. Ma io per quest’anno desidero solo che il mostro invisibile sparisca una volte per tutte. Lo desidero soprattutto per i grandi. Tornare a scuola con lui ancora nei paraggi fa paura, ma soprattutto fa paura a loro che a scuola non ci devono nemmeno ritornare.»

Questi sono pensieri di chi non sa bene cosa gli aspetta eppure ha tanta voglia di scoprirlo, di ricominciare, di stare insieme nonostante la distanza da rispettare.  I pensieri di un bambino, di cui abbiamo vestito i panni, immaginato i dubbi, le preoccupazioni, le stesse di ciascuno studente che tornerà tra i banchi di scuola questo mese. In queste settimane di dibattiti rumorosi tra professionisti e non, poche volte si è scelto di dare voce ai protagonisti: gli studenti.

Alle tante domande dei “grandi”, i più giovani sanno dare risposte semplicemente perché sanno vedere il bicchiere mezzo pieno. Ritornare a scuola significa ritornare alla vita, alla quotidianità che il virus ci ha portato via da un giorno all’altro. Questi mesi di didattica a distanza peseranno sulle spalle di tutti gli studenti che hanno dovuto conviverci e il cui futuro rimane incerto. Ed è a questo senso di incertezza totale a cui i più giovani dovranno abituarsi. Ciò che in cui i grandi hanno fallito è stato porre degli obiettivi, i quali si contrappongono ai desideri: un bambino può avere dei desideri che solitamente variano dal più assurdo al più banale, ma che nell’era del coronavirus reclamano una quotidianità spezzata.

Ai grandi sta l’obbligo di porre degli obiettivi concreti per realizzare questi desideri, solo loro hanno gli strumenti per farlo: per quanto riguarda la scuola, interrogarsi su quello che bramano gli studenti  è il primo punto di partenza. Dopo tutto a scuola non sono i ministri, i giornalisti, i politici a doverci tornare. Gli studenti sono il futuro dell’Italia, un Paese che fa tanta fatica a pensare ai propri giovani. Il ritorno a scuola è –  scusate il gioco di parole – un banco di prova, nella speranza che la pandemia possa apportare dei veri cambiamenti.

Chiara Cogliati
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Chiara Cogliati
Da un anno vive a Venezia dove studia, ogni tanto si rintana leggendo e ogni tanto pensando, anzi spesso, serve per fare tutto il resto. Le piace ascoltare, le riesce meglio che parlare, ma per fortuna sa anche scrivere, un pochino, e allora quello che vorrebbe dire a parole lo scrive, così si diverte.