pensione d'invalidità
Politica

Pensione d’invalidità: il mio futuro adesso dipende dalla politica

Tempo di lettura: 3 minuti
Quando l’osservatore politico veste i panni di cittadino in attesa che la politica gli ridia speranza nel futuro 

Forse per la prima volta ho guardato alla politica come cittadino e non come commentatore. Il 15 ottobre scorso mi trovavo sul sito internet dell’Inps tentando di adempiere a alcune pratiche legate alla pensione d’invalidità di cui beneficio quando mi sono accorto di uno strano messaggio. Mi comunicava come, a partire da quel giorno, l’assegno d’invalidità civile non fosse più compatibile con l’attività lavorativa.

La Corte di Cassazione impedisce il lavoro a chi riceve l’assegno d’invalidità

È una sentenza di Cassazione che ha indotto l’Inps a modificare i criteri di erogazione della pensione d’invalidità. La decisione riguarda tutte le persone con un’invalidità civile fra il 74 e il 99 per cento. Dal 15 ottobre questa platea si trova difronte una scelta, pensione o lavoro. 

Si tratta di fatto di un ricatto che porta il Paese indietro di decenni: questa la sintesi delle proteste rappresentate istituzionalmente dalle associazioni che si occupano di disabilità. La pensione d’invalidità, che è mediamente intorno ai 280 euro, è funzionale a coprire spese date dalla condizioni di svantaggio. Spese insostenibili solamente con uno stipendio prodotto dal mercato del lavoro e che hanno quindi bisogno di politiche previdenziali. 
Ed è aberrante affermare, come di fatto l’adeguamento Inps ha fatto, che una persona con disabilità possa anche non lavorare, non avere una propria soddisfazione professionale, ma debba svolgere solo attività di volontariato o borse lavoro a tempo perso se vuole ricevere l’assegno. Un colpo mortale all’integrazione sociale che vede proprio nel lavoro un punto fondante per la persona.

Una decisione che mette in crisi la mia vita professionale

Ebbene sì, è la prima volta che mi trovo a scrivere della mia vita privata qui dove solitamente commento la politica provando a spiegarla. Ma queste due settimane sono stato un semplice cittadino che, all’inizio della propria vita professionale, si è visto piombare un masso in mezzo alla strada.

La novità sulle pensioni d’invalidità mi ha messo difronte ad una scelta emotivamente complicata: lavoro o pensione? Considerando l’attuale mercato del lavoro, che non offre immediate soluzioni stabili, non è una scelta semplice soprattutto nel settore professionale in cui vorrei muovermi. 

Per un’incredibile fortuna ho una certificazione che mi assegna un 100 per cento d’invalidità: un punto al di sopra dello scaglione colpito dalla sentenza. È scattata in me una dinamica perversa che se dovessi definire in terza persona scriverei che è iniziata una guerra fra poveri in cui gli invalidi totali, come me, si devono sentire sopravvissuti all’ingiustizia. 

Ma poi mi sono iniziati a sorgere dubbi considerato l’eccessivo linguaggio burocratico di cui è vittima l’Italia: e se l’incompatibilità fra lavoro e pensione d’invalidità riguardasse anche le persone con il 100 per cento d’invalidità? Di fatto sulle nostre certificazioni c’è scritto espressamente “inabili al lavoro”.

Improvvisamente non era più l’analista politico che vive le storture del sistema come occasione di riflessione, ma un cittadino con l’impellente bisogno che la politica intervenisse. 

Una dimensione che non provavo da tempo che mi ha fatto riscoprire il bisogno di essere rappresentato e di vedere il mio problema in cima all’agenda della politica. Non leggere la notizia sui quotidiani, non sentirla dare dai telegiornali, mi ha fatto percepire una sensazione di frustrazione: quella sensazione che sta all’origine del non voto a cui la politica dovrebbe prestare attenzione. 

La promessa di Orlando

In questa esperienza che spero potrò ricordare solo come istruttiva, non sono finite le sensazioni. Mentre progettavo questo articolo -che avrebbe potuto essere molto più aggressivo- è arrivata la promessa di Orlando. 

Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha annunciato infatti un emendamento, da presentare durante la conversione in legge del decreto fiscale, con il quale il governo dovrebbe ripristinare la soglia massima per il reddito aggiuntivo compatibile con la pensione d’invalidità. Il condizionale è come sempre d’obbligo.

Al momento è infatti solo una promessa come tante altre che a volte mi trovo a commentare su queste pagine. Voglio sperare che il ministro mantenga ciò che ha dichiarato: non è solo un atto dovuto, è la speranza a cui in questo momento si stanno grappando migliaia di persone: le stesse che si vogliono sentire protagoniste della propria vita esattamente come tutti.

Federico Feliziani
Leggi anche: “Caro senatore, Cara senatrice: lettera all’indomani della morte del Ddl Zan”
Non hai ancora letto l’ultimo Cronache di un Borderlain? Clicca qui

Leave a Response

Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.