manovra meloni
Politica

Prima manovra Meloni e la lotta al POS, tutt’altro che un dettaglio

Tempo di lettura: 2 minuti

La prima manovra Meloni è arrivata in Parlamento per la corsa verso l’approvazione prima della fine dell’anno. Tanti i temi che accendono il dibattito politico, il POS però ha la meglio e sembra essere diventato più popolare del festival di Sanremo.

La manovra Meloni e l’attacco al POS

Ne abbiamo parlato anche la scorsa settimana ma negli ultimi sette giorni, il tema delle limitazioni all’uso del POS, è diventato centrale tanto da far tentennare la presidente Meloni. 

È la restaurazione la cifra di questa prima manovra Meloni: cancellare o rivedere tutto ciò che non fa parte della nazione di Giorgia. Infatti chi sostiene che sia una legge di bilancio improvvisata non vede il forte significato politico della manovra presentata dal governo Meloni. 

Vero: non è una manovra eclatante dal punto di vista delle cifre, è però una legge di bilancio molto politica che serve a Meloni per preparare il terreno per le mosse future.  Sì, il no al reddito di cittadinanza è la misura che rimarrà come la più nota di questa prima manovra Meloni; ma rischia di nascondere il vero senso politico: lo Stato che lascia fare a chi “sa fare”. 

Per quanto la misura sul POS possa sembrare un’etichetta stupida, fa parte proprio di questa narrazione ovvero: il pubblico lascerà ampio spazio al privato iniziando dai controlli. Ce lo ha detto la stessa presidente Meloni: basterà pretendere lo scontrino per essere sicuri di non contribuire all’economia del nero. 

In sostanza una delega totale al cittadino invitato ad essere controllore del rispetto delle regole: il liberismo puro. In futuro quindi, se il commerciante negandoci il POS non ci batterà lo scontrino, sarà essenzialmente colpa nostra. 

Nella prima manovra Meloni dimentica un po’ delle dinamiche frequenti che non stimolano il rigore negli acquirenti. Però anche questo non è una svista, fa parte della nazione che ha in mente Giorgia Meloni e non accorgersene è un errore politico grave. 

Elly Schlein scesa in campo per perdere

Questa settimana è stata anche la settimana della candidatura di Elly Schlein alla segreteria del Partito Democratico. Una candidatura che si aggiunge a quella di Stefano Bonaccini e quella di Pola De Micheli, entrambi iscritti a guidare il nuovo PD. 

Schlein sostiene di avere il vento in poppa: il miglior modo per perdere una qualsiasi elezione. Anche perchè il suo percorso non è stato lineare: Schlein non è esattamente riconosciuta come simbolo del PD, si rivolge infatti a elettorati diversi, nuovi, che con le primarie del Partito Democratico hanno poco a che fare.

Ecco che allora Schlein dovrà riuscire a spiegare al proprio elettorato, che aveva da poco portato in una forza politica liquida come Emilia-Romagna Coraggiosa, a trasmigrare in un mondo diverso. Una sfida molto difficile per la quale non sembra assolutamente pronta: troppi gli elementi da controllare iniziando dal linguaggio. 

Ecco il linguaggio: molto poco moderato che la fa apparire come un pesce fuor d’acqua in un partito che ha fatto del centrismo il proprio habitat. Non a caso Stefano Bonaccini è pronto a superarla a destra, a sinistra, sfoggiando il carisma “pigliatutti” che lo contraddistingue.

Una previsione che mi sento di definire come scontata. Una prospettiva cher non mi fa capacitare di come Elly Schlein, dopo aver fatto il pieno di preferenze in Emilia-Romagna, si voglia immolare per la sconfitta.

Federico Feliziani
Leggi anche: “Marghedì, il bello della settimana: Save the Wave App Challenge
Non hai ancora letto il nuovo Cronache di un Borderlain? Clicca qui 

Leave a Response

Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.