Le venti donne
Società

Le venti donne dimenticate dalla storia: Mala Zimetbaum

Tempo di lettura: 3 minuti

Aveva ventisei anni quando nel campo di concentramento di Birkenau urlò ad una guardia: “Morirò da eroina, tu da cane”. Mala Zimetbaum si ribellava, ancora una volta, così a chi l’aveva condotta all’inferno. Un inferno da cui lei era riuscita, per un attimo, a fuggire per prima. 
Unica fra tutte, Zimetbaum era riuscita in ciò che era considerato quasi impossibile anche se la morte, poi, fu più veloce di lei. La travolse e assieme a lei, nell’inferno in terra, si portò vi anche il suo ricordo. Mai, infatti, nei libri di storia abbiamo letto il suo nome, conosciuto la sua storia, il suo coraggio e la sua intelligenza.
Per questo, oggi, per la nuova puntata della nostra rubrica “Le venti donne dimenticate dalla storia” è dedicata a lei.   

Un destino segnato

Zimetbaun nasce nel 1918. Ultima di cinque figli, fin dall’infanzia mostra un’intelligenza fuori dal comune la quale la porta ad essere una studentessa modello. Sono però i primi anni del novecento: molte famiglie fanno fatica ad andare avanti e la sua non fa differenza. Così, dopo essersi trasferita dalla Polonia al Belgio, all’età di dieci anni fu costretta a lasciare la scuola e andare a lavorare in una fabbrica di diamanti. È il 1928 di lì a poco, sull’Europa tutta, si sarebbe addensata l’ombra delle dittature che avrebbero spezzato la vita di milioni di uomini e donne. Tra loro ci sarà anche Mala Zimetbaum. Lei, l’orrore, lo dovrà guardare in faccia ben presto.

Aveva infatti solo ventiquattro anni quando durante il terzo raid ad Anversa venne fatta prigioniera dalle SS che ne deciserò ben presto il destino. D’altra parte Zimetbaum non era solo polacca ma anche di origine ebraica per lei, e la sua famiglia, non c’era altro destino che il campo di concentramento. Così, in quei giorni, la sua vita si perse negli ultimi raggi del sole estivo di settembre mentre il freddo del vagone piombato che la trasportava la conduceva all’inferno.  

La vita nel campo

Zimetbaum arrivò ad Auschwitz quello stesso mese e riuscii a passare la prima selezione. Indirizzata al campo di Birkenau, qui vivrà per i successivi due anni. Privata anche del nome Mala Zimetbaum diventò un numero: 19880, un pezzo come un altro nella macchina dell’orrore. La sua salvezza, ciò che gli permise di sopravvivere lì dentro fu l’essere poliglotta. Parlando infatti cinque lingue Mala diventò ben presto la traduttrice ufficiale delle SS, che le permisero così di godere di una maggiore libertà. Questa loro “generosa” concessione però ben presto li si rivoltò contro. Il privilegio che aveva infatti acquisito diede a Zimetbaum la possibilità, nell’inferno, di portare avanti la sua resistenza.

Addetta a indirizzare ai lavori le prigioniere appena uscite dall’ospedale, cercò sempre di dare i lavori più leggeri a chi era più debole. Venendo a conoscenza delle selezioni prima di altri, avvisava coloro che erano dentro l’ospedale per tentare di salvarli. I nazisti le avevano tolto tutto, ma mai riuscirono a toglierle ciò che a loro mancava: l’umanità. 
Così Mala resiste e intanto cerca una via d’uscita.

Esistere e resistere oltre l’inferno  

Il 24 giugno 1944, finalmente, la fuga riuscì. Fingendosi una prigioniera da portare ai lavori forzati uscii da campo assieme a Edward Galinski, un prigioniero di cui si era innamorata, vestitosi da SS (grazie all’aiuto di una guardia che da tempo cercava di proteggere i prigionieri dl campo). Ben presto però i sogni di libertà si infransero con la realtà. 

Al confine con la Slovacchia, il sei luglio, vennero fermati da una pattuglia che insospettitasi li arrestò, rimandandoli indietro. Rimandandoli a morte sicura. Separati e torturati, il 15 settembre del 1944 vennero condotti a Birkenau per essere giustiziati in pubblica piazza.  
Dopo aver tentato di scappare dall’inferno, ora sembrava che l’inferno potesse disegnare gli ultimi momenti della sua vita. Neanche questa volta fu così. 

Estraendo un taglierino Zimetbaum riuscì a liberarsi i polsi e a colpire la guardia che le stava vicino, innalzando ancora una volta un urlo di libertà. “Morirò da eroina, tu da cane”. Subito dopo venne portata via, trovando, probabilmente, la morte di lì a poco. Sul come morì poco e nulla si sa. Gli ultimi ricordi che di lei si hanno si fermano lì, su quel patibolo dove trovò ancora la forza di resistere, e, in fondo, è giusto così. I nazisti riuscirono a prenderle anche la vita ma ciò che le fecero non fu in grado di cancellare quell’ultimo frammento di lei la cui libertà fu più potente della stessa morte. Ed è così oggi che deve essere ricordata, perché il suo esempio ci ricordi che resistere ha valore. Sempre 

Miriam Ballerini
Ti potrebbe interessare anche: “Le venti donne dimenticate dalla storia: Mariasilvia Spolato”
Ti sei perso l’ultimo Cronache di un Borderlain? CLICCA QUI 

Leave a Response