donne e mobbing
Società

Donne e lavoro: dopo il Covid ripartiamo dall’inclusione

Tempo di lettura: 3 minuti

 

 

Ripartire dopo il Covid-19 è possibile? È questa la domanda che già ai tempi della quarantena in molti si facevano. 
Il mercato del lavoro, della produzione ed in generale lo sviluppo sociale e politico del paese sono stati d’altra parte profondamente colpiti da una crisi globale su cui l’uomo non ha avuto controllo. 
Ripartire era ed è essenziale, ma come fare? Una risposta è stata data ma non al “come”, piuttosto al “da chi”. Ripartiamo dalle donne. 

“Donne per un nuovo rinascimento”

Nasce infatti ad aprile di quest’anno il progetto “Donne per un nuovo rinascimento” da una proposta della ministra per le pari opportunità Elena Bonetti.
Si tratta, in poche parole, di una task-force che vede impegnate dodici donne (competenti in diverse settori) che mette al centro il tema del lavoro
in un modo nuovo, un modo più inclusivo.
Il progetto infatti non ha come suo unico scopo quello di permettere il riavvio del mercato del lavoro, non vuole semplicemente che si ritorni alla “normalità” ma la vuole cambiare “la normalità” perché questa non è mai stata davvero inclusiva 

Un bias culturale

Non è un mondo del lavoro “per donne” e a dirlo sono i dati. Se infatti si considera la popolazione femminile tra i 15 e i 64 anni solo il 49,5% ha un’occupazione contro il 67,6% della popolazione maschile. Si assumono meno donne e questo perché spesso ad una donna è preferito un uomo.
È un bias cognitivo, ovvero una “scorciatoia” che il nostro cervello prende quando si trova a dover prendere una decisione in modo veloce: ho due candidati di sesso opposto per lo stesso lavoro? Il mio cervello mi porterà a scegliere l’uomo. 
Questo avviene perché la società ci spinge a dar maggior valore non all’uomo ma al “maschile” che l’uomo è chiamato ad incarnare rispetto al femminile dentro cui rinchiudiamo le bambine fin da piccole. E i problemi non si fermano solo al momento del colloquio. 

Diverse possibilità

Se per una donna è più difficile entrare nel mondo del lavoro anche rimanerci e fare carriera non è esattamente semplicissimo. Tanto più se stiamo parlando di lavori particolarmente importanti e di prestigioso e a dircelo è stessa lingua italiana. 
Fateci caso: non vi suona strano dire “maestra”. Quanto invece strano vi risulta dire assessora” o “ingegnera”
Non siamo abituati a vedere donne occupare ruoli di potere, siamo invece abituati a vederle occupare ruoli di assistenza e cura. Non siamo ancora riusciti a liberaci del mito della donna come “angelo del focolare”.

Tutto ciò scoraggia le donne a fare carriera e le aziende stesse a promuovere una reale equità. Aziende che d’altra parte non si fanno problemi ad esercitare mobbing sulle madri appena ritornate dalla maternità, obbligandole al licenziamento. 
Così in Italia solo un manager su tre è donna, e quattro donne su dieci sono costrette ad abbandonare il posto di lavoro per le continue vessazioni.  

Gender pay gap

 Alle difficoltà nell’affermarsi a livello lavorativo si aggiunge poi una seconda discriminazione: quella salariale. 
Parliamo di gender pay gap, ovvero di quella differenza di stipendio a parità di mansioni. 
In Italia la differenza media tra stipendi annuali è del 43, 7% contro la media europea del 39,6%.
Ciò avviene soprattutto nei privati dove difatti al minimo contrattuale si deve aggiungere il superminimo: una quota aggiuntiva che l’azienda valuta in relazione al singolo dipendente.
Così il gender pay gap vietato dalla legge diventa possibile di fatto. 

Per questo allora progetti come “Donne per un nuovo rinascimento” sono fondamentali. Nella speranza di riuscire a costruire una società realmente equa.

Miriam Ballerini
Leggi anche: Licenziati e condannati su Zoom: la nuova comunicazione efficace
Ti sei perso il “Cronache Di Un Borderlain” di questo mese? CLICCA QUI

Leave a Response