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Joker, come sarebbe il Batman di questo nuovo universo?

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A un mese di distanza dalla vittoria del Leone d’Oro per il miglior film in concorso alla 76ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Joker è sbarcato nelle sale italiane e sta facendo faville sia al botteghino nostrano che ai box office di tutto il mondo: le cifre dicono 234 milioni di dollari al debutto globale, mentre negli USA è stato stabilito il nuovo record per il miglior weekend d’esordio nel mese di ottobre, con 93.5 milioni di dollari, nonostante il divieto di visione ai minori di 17 anni. Complice l’interpretazione magistrale dell’attore protagonista Joaquin Phoenix (che sia la volta buona per l’Oscar?) unita all’ottima regia di Todd Phillips, che firma anche la sceneggiatura insieme a Scott Silver, il film sta stupendo anche i più scettici causando un’ondata di post sui social e articoli estasiati in giro per il web.

Questa omogeneità tra i pareri dell’opinione pubblica è dovuta soprattutto alla profondità della narrazione delle origini del villain più complesso e affascinante del panorama fumettistico – nonché il più famoso -, di cui, come già noto fin dagli albori della sua produzione, se ne fa un’interpretazione ben lontana dai classici film di supereroi contemporanei. Infatti, la pellicola si presenta come un punto di incontro tra una profonda analisi sociologica, e a tratti anche psicologica, del suo protagonista e della società da cui è circondato, risultando una sorta di trattato sociale che riflette sulla condizione umana senza però avere le pretese di esserlo: per intenderci, un moderno Taxi Driver, capolavoro che fa dell’alienazione e del disagio psichico il suo tema portante.

Come sarebbe il Batman di un ipotetico universo creato da Phillips?

Joker non è un cinecomic quanto non è un film di Batman. Distante dalla rappresentazione del pagliaccio dei capisaldi Jack Nicholson e (soprattutto) Heath Ledger – che hanno plasmato l’immaginario dei fan cinematografici -, o della dimenticabile parentesi punk di Jared Leto; il pubblico abituato a vedere l’anti-eroe contrapposto alla sua innata antitesi, l’uomo-pipistrello, non trova in questa Gotham City un parallelo. Nonostante questo, il film inserisce qui e lì qualche riferimento; su tutti una versione dell’iconico incidente che porta Bruce Wayne a intraprendere la strada per diventare il cavaliere oscuro. Ciò implicitamente solleva una domanda: come sarebbe il Batman di questo universo?

È risaputo che il lungometraggio non avrà seguito e che, come dichiarato dal regista Todd Phillips più volte, non rivedremo mai questo Joker combattere Batman al cinema, risultando in toto un progetto a sé stante. A dispetto di ciò, la morte dei coniugi Wayne – stavolta non uccisi durante la rapina fatta da Joe Chill a Crime Alley in una Gotham dominata dal crimine ma assassinati da un clown nell’ambito della rivolta scatenata da Arthur Fleck – segnerebbe comunque un giovane Bruce Wayne, ancora una volta superstite traumatizzato dall’aggressione. Qui però la connotazione dell’incidente è ben diversa, perché alla fine del film Thomas Wayne risulta essere il simbolo di un’élite corrotta, lontanissimo dal filantropo benevolo delle precedenti rappresentazioni. Questo cambierebbe radicalmente la ricezione dell’accaduto da parte degli abitanti di Gotham così come da parte del futuro crociato incappucciato.

A parte questo, in ogni caso, date le diverse circostanze, Bruce Wayne non sarebbe motivato a diventare Batman. Spogliato dell’elemento di criminalità nella morte dei suoi genitori, oltre che dalla simbolicità dell’accaduto, il giovane Pipistrello non sarebbe mosso da un sentimento tanto forte quanto quello di garantire che nessun altro subisse il suo stesso destino. E, anche se lo fosse, il suo voto non lo condurrebbe per forza a diventare ancora un vigilantes che promette di difendere la sua città dai criminali, ma si potrebbe tradurre in qualcosa di più mirato e più vicino alla semplice vendetta personale. Invece del Batman-eroe, Bruce sarebbe ossessionato dalla protezione dei ricchi dalle azioni disperate delle classi meno agiate di Gotham, diventando probabilmente lui stesso il nemico.

Un vigilantes a protezione dei ricchi

Un Batman di questo universo sarebbe un individuo molto diverso rispetto a qualsiasi incarnazione con cui la maggior parte del pubblico abbia familiarità, in una città molto meno propensa ad accettarlo come lo sarebbe la Gotham post-rivolta causata da Joker anche se fosse intenzionato a fare del bene. Sempre che ne voglia fare, e che non sia solo un tizio con un costume da pipistrello ossessionato dal picchiare pagliacci.

Inoltre, prevalendo l’elemento uccisione da parte di un clown piuttosto che per mano di un criminale armato di pistola, potrebbe addirittura annullarsi il famigerato odio di Batman per le armi da fuoco. Ciò potrebbe portare il cavaliere oscuro di un ipotetico Joker 2 ad essere il Batman che usa la pistola come arma introdotto recentemente nella serie a fumetti The Batman Who Laughs.

La domanda sorge spontanea: questo Bruce Wayne sarebbe abbastanza interessato a Gotham da volerla rendere migliore? Probabilmente no. In Joker è Gotham City a uccidere i coniugi Wayne, non un criminale simbolo della malavita che affligge la città. Alla luce di ciò, non c’è motivo per cui Batman o Bruce Wayne dovrebbero sentirsi particolarmente propensi a proteggere i cittadini che sono stati in parte complici della tragedia e del conseguente trauma infantile.

Joker non è un film di Batman

Alla fine, quindi, Joker riesce a non essere un film di Batman, ma inavvertitamente crea un mondo in cui il cavaliere oscuro esiste in maniera completamente diversa da come il pubblico lo conosce. Batman viene creato sovvertendo i dettagli della sua creazione rendendo, forse, il suo arcinemico il reale ‘eroe’ e sé stesso il nemico. Ma, soprattutto, questa potrebbe essere l’unica volta in cui il Joker finalmente prevale sconfiggendo la sua arcinemesi.

D’altronde, come lui stesso afferma nel film, “pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia“: un ironico risvolto, degno solo del più controverso e affascinante ‘cattivo’ che i fumetti abbiano mai creato.

Nicola Di Giuseppe
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Nicola Di Giuseppe
Un’anima straniera in un corpo napoletano, sognatore a tempo pieno e artistoide a tempo parziale. Si ciba di parole e arti visive, mentre viaggia, scopre nuove culture e tifa Napoli. Ogni tanto, poi, cerca di vincere il fantacalcio.