Appenino bolognese
Bon Voyage

Vacanze indolore: un poetico tour nell’Appennino bolognese – Parte prima

Tempo di lettura: 4 minuti

Bologna, come ben sanno abitanti e turisti sempre più presenti, offre cultura, cibo e divertimento in modo generoso. Un mondo di possibilità e scoperte, capace di riconfermare ad ogni forchettata, spettacolo o birra lo spirito fresco e movimentato della città. Forse, però, non tutti sono a conoscenza del fatto che massimo ad un’ora di auto si estende un mondo da esplorare: l’Appennino bolognese.

Valli, panorami, boschi, laghi, parchi regionali, borghi, cascate, ristoranti, osterie, produttori locali.

Questa porzione di Appennino tosco – emiliano possiede il necessario per richiamare chi vuole fuggire qualche ora da caos e calura cittadina, per chi non può permettersi una vacanza (siamo tanti!) e anche per chi decide di soggiornare qualche giorno a Bologna.

Con questo articolo, vogliamo fornirvi una piccola guida informale per scoprire il territorio.

“Io sono una forza del passato”

La prima impressione che si ha esplorando queste zone è che il tempo si è fermato. Impossibile non rimanere affascinati dalle piccole case pericolanti a bordo strada, dai muretti a secco, dagli orticelli, dalle vallate spontanee e selvagge.

Silenzio, lentezza, vuoto, poetica decadenza, malinconia: a relativamente pochi chilometri da una città brulicante di vita si entra in un altro mondo. L’Italia del resto è così.

Minuscole ed arroccate frazioni come Sassomolare, Pietracolora, La Trappola, Lama Mocogno non possono non suscitare tenerezza e simpatia.

Accanto a queste, comuni quali Vergato, Castel d’Aiano, Monzuno, Grizzana Morandi, dove immancabili sono forni, botteghe vecchio stampo e spartane case anni ’60/’70 in attesa di villeggianti.

Tutt’attorno, caseifici, macelli, agriturismi, capannoni, piccole aziende di industria pesante.

Il senso di comunità è forte, grazie/a causa della conformazione del territorio, ed è facile incappare in una delle tante sagre, come la Festa de la Batdura del comune di Loiano.

La Baracca sul Fiume

Uscendo dalla città, il torrente Savena ci accompagna tra un tornante e l’altro, finché a Monzuno non troviamo “La baracca sul fiume”.

Come fa intuire il nome stesso, niente inutili salamelecchi: un posto alla buona, accogliente, perfetto per ore di caciara con amici o parenti.

Salumi, crescentine, primi classici fatti a mano (tagliatelle, gramigna, ecc.), secondi tipici: piatti gustosi e semplici, ad un costo contenuto, ottimamente accompagnati da fiumi di vino rosso della casa.

Valore aggiunto del locale è il refrigerio per il corpo e il piacere per gli occhi che dona il Savena.

Oltre a mangiare con tale vista, è possibile fermarsi anche solo per un caffè o una birra.

Inoltre, nello spiazzo erboso vicino il ristorante, sono presenti griglie perfette per domeniche di carne ed alcool.

Ovviamente meglio prenotare, in estate è preso d’assalto (ma per fortuna in modo garbato).

Da Angela

A dieci minuti di poetici saliscendi in strade piccole e spesso sconnesse, ecco una vera istituzione: Da Angela.

Qui clienti affezionati, centauri della strada e turisti stranieri si mescolano allegramente.

Da tabaccheria/bar di paese, decenni fa si è lentamente trasformato in trattoria. Un cambio di pelle dettato dallo spopolamento della zona.

Superata la già citata Loiano (che comunque merita una piccola visita: il paese è carino, ha il classico bar di paese molto curato – la birra davanti ad un gioco da tavolo nel mélange del sabato pomeriggio è poesia – e anche un cinema), si arriva a Roncastaldo, minuscola frazione, sede del nostro locus amoenus.

Verrete accolti da Angela, appunto, magnifico esemplare di donna montanara, tutta muscoli (per la sfoglia) e tempra cazzuta. Se in vena, diventerà la vostra migliore amica.

Da anni esibisce il cartello “In vendita”, ma nonostante la stanchezza l’affetto per ogni singolo mattone è più forte. “Vogliono cambiarlo, rimodernarlo, snaturarlo: e invece deve rimanere così com’è!” Compratori amanti delle tradizioni, fatevi avanti.

Il locale è quanto di meglio si possa desiderare: pochi tavoli, ambiente familiare, curatissimo (altro che salviette usa e getta, in bagno trovate una pila di asciugamani). È subito infanzia.

Se siete fortunati, verrete fatti accomodare in terrazza. Silenzio, fresco, vista vallata con chiesetta, tramonto: cosa volere di più?

Che si mangia? Anche qui si va sul tradizionale ed economico, ma con una cura casalinga. Piatto forte è il “crescentone” da strappare a mano, con annessi salumi, formaggi, sottaceti di buona qualità (tre ottime forchette sono satolle, a spazzolata ultimata).

Assieme ad un antipasto (solitamente pezzi di crescente con friggione/varie altre cose leggerissime), pinza bolognese, vino della casa e caffè, si ottiene un menù che non supera i 20 euro.

E forse non supererete nemmeno la notte, senza il bicarbonato: per cui astenersi stomaci delicati.

Immancabile ovviamente la pasta fatta in casa: tortellini, tagliatelle, gramigna, tortellacci. Tra i secondi, cotoletta alla bolognese, coniglio ed erbetta di campo del territorio.

Meglio prenotare (anche solo per capire quali sono i giorni di apertura), ma di solito non c’è problema nemmeno per voglie dell’ultimo minuto.

Qui il tutto è più della somma delle singole parti: non è solo cibo, è un’esperienza. Tornerete sicuramente.

E se siete degli eroi, a fine mangiata potete fare un salto al Circolo Ippico Ospitalazzo.

Bene, per ora è tutto. Vi lasciamo smaltire la sbornia di carboidrati e proteine. La prossima volta staremo leggeri, vedremo un lato più salutista e naturale dell’Appennino bolognese.

Davide Soriente
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