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Politica

Lombardia, Fontana si dimetterà questa volta?

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La regione Lombardia esce da una settimana in “rosso”, ma questa volta non ci è finita per il numero drammatico di contagiati o di ricoverati, bensì per un errore, una falla nel conteggio, che è costata milioni di euro ai cittadini.

Di chi è la colpa?

Ebbene, lo strafalcione sembra essere dovuto a un conteggio errato di coloro che hanno avuto i primi sintomi dal 15 al 30 dicembre. Inizialmente risultano 14.180. Fontana guarda questi numeri con preoccupazione, tuona «la zona rossa si avvicina». E infatti eccola, qualche giorno dopo il ministro della Salute Speranza firma un’ordinanza in cui dispone il passaggio della Lombardia alla zona rossa. Fontana non ci sta, sbraita: «Non ce lo meritiamo»,  e decide di fare ricorso al TAR.

Ma qualcosa non torna, e la giunta lombarda se ne accorge. In mano la calcolatrice ed ecco svelato l’arcano: i positivi dal 15 al 30 dicembre sono in realtà 4.900, migliaia di guariti sono finiti nel primo conteggio.

A suon di dita puntate, Fontana incolpa l’algoritmo utilizzato dall’istituto superiore di Sanità, e la novella assessore al Welfare Letizia Moratti lo segue: «un danno enorme per la nostra regione». L’ISS non si piega alle critiche e replica: «L’algoritmo è corretto e funziona in modo uguale per tutte le Regioni. La rettifica fatta dal Pirellone ha prodotto la modifica dell’Rt». E su questo ha ragione, perché è stata proprio la Regione Lombardia a chiedere una revisione della zona rossa, in seguo all’invio di nuovi dati. 

Il giorno dopo Fontana ritratta intervendo su TGcom24: «Probabilmente non è colpa di nessuno»

Ma purtroppo per lui è colpa di qualcuno, e tutte le prove sembrano puntare verso la sua giunta. L’ultima prova, la più schiacciante, riguarda una serie di email scambiate tra il Pirellone e l’Iss. Domenica sera, il Tg3 manda in onda una mail del 19 gennaio inviata dal dg dell’assessorato al Welfare della Lombardia Marco Trivelli il quale scrive al presidente dell’Iss Silvio Brusaferro per chiedere una revisione del Rt in base a “modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti guariti e deceduti”. Ma non è tutto, perché ore fa è spuntata un’altra email questa volta del 7 gennaio –  una settimana prima che la Lombardia finisse in zona rossa – in cui l’Iss avvertiva già la Regione dell’errore nella trasmissione dei dati. Ma, come sappiamo, nulla è stato fatto. 

Perciò, per quanto il governatore della Lombardia si ostini a negarlo, l’errore c’è stato ed è scritto nero su bianco

L’ultimo di tanti, innumerevoli, errori

Ma questo è solo l’ultimo di una serie innumerevole di strafalcioni della giunta regionale lombarda. Ancora ai tempi del duo Fontana-Gallera e del primo focolaio di Covid-19 a Codogno, la giunta si è fatta trovare a dir poco impreparata, con un sistema sanitario in continuità con quanto avviato dalla legge Formigoni, la quale ha aperto le porte della sanità lombarda ai privati. Fontana e tutta la giunta hanno mostrato allo stesso modo di far prevaricare i loro interessi personali e quelli dei privati sulla tutela dei cittadini lombardiQuel che è certo è che Fontana non si aspettava una pandemia globale. Pensate che allora la Lombardia usufruiva di soli 8,5 posti in terapia intensiva ogni 100mila abitanti.

Ma veniamo all’emergenza sanitaria, in particolare ad un audio pubblicato da Fanpage.it di una telefona tra Fontana, il prefetto di Lodi, Marcello Cardona e i vertici della protezione civile da Roma avvenuta il 23 febbraio, quando il virus era già fuori controllo, in cui si discute della possibilità di estendere il la zona rossa ad altri comuni. Ma l’autorizzazione della giunta non arriverà, mai. Lo stesso varrà per i comuni di Nembro e Alzano Lombardo, con le drammatiche conseguenze che tutti conosciamo. 

Qualche settimana dopo, la giunta di Fontana dà il via libera allo spostamento di malati di COVID-19 all’interno delle RSA, rendendo così’ la Lombardia prima regione in Italia come tasso di mortalità

Ma lo stile formigoniano di Fontana viene fuori il 16 aprile, quando, in piena pandemia, la centrale acquisti della Lombardia Aria assegna una fornitura di camici e altri dispositivi di protezione a Dama, società di Andrea Dini e in parte della sorella Roberta Dini, cognato e moglie di Fontana. Il valore della fornitura si aggira intorno ai 500.000 €. Dopo smentite, bugie, bonifici sospetti, Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana viene indagato dalla Procura di Milano. Già qui molti avrebbe gradito le sue dimissioni, ma a Fontana la sedia da governatore sta comoda.

Gallera fuori, Fontana dentro?

Non citare Gallera quando si tratta dell’incompetenza di Fontana è a dir poco impossibile: suo braccio destro e in questi mesi autore di innumerevoli gaffe («Ci vogliono due persone ad infettarmi», «Avrò probabilmente sconfinato di un paio di chilometri e mi dispiace, ma non c’era alcuna intenzione»), da poco ha dato le dimissioni dal suo incarico di Assessore al Welfare, perché, a detta del governatore, «era stanco». Fatto sta che qualche giorno prima Gallera aveva espresso la sua intenzione di non richiamare i medici dalla ferie per fare i vaccini. Frase che la Lega non ha digerito. Ecco infatti che Matteo Salvini interviene personalmente e commenta: «Rimpasto? Si vedrà nei prossimi giorni» e casualmente Gallera ne sarà escluso, sostituito da Letizia Moratti. Questa si è già rivelata sua degna sostituta proponendo i vaccini in base al Pil delle regioni.

Ma dinanzi alle dimissioni di Gallera, resta una domanda: perché Gallera sì ma Fontana no? L’operato di Gallera in fondo è inscindibile da quello di Fontana, eppure quest’ultimo è uscito indenne dal primo rimpasto… ma sarà ancora così? Chissà che il Segretario della Lega non ci riservi qualche novità nel futuro della giunta, dopotutto sembra che il destino di essa sia nelle sue mani. Perché non c’è nemico peggiore per Matteo Salvini della perdita di consenso.

 

Al di là della polemica e lo scontro politico, vi è il discontento dei cittadini lombardi. Ieri a Milano sono in molti ad aver manifestato contro la giunta e ad averne richiesto le dimissioni. “Ora basta”, il loro slogan. Alla fine sono sempre i cittadini a rimetterci.

Chiara Cogliati
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Chiara Cogliati
Da un anno vive a Venezia dove studia, ogni tanto si rintana leggendo e ogni tanto pensando, anzi spesso, serve per fare tutto il resto. Le piace ascoltare, le riesce meglio che parlare, ma per fortuna sa anche scrivere, un pochino, e allora quello che vorrebbe dire a parole lo scrive, così si diverte.