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Politica

Dimissioni di Draghi. Fatti e prospettive della crisi di governo

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Se la scorsa settimana eravamo con un piede nella crisi di governo, oggi con le dimissioni di Draghi siamo entrati a piè pari nel finale di legislatura.

Ci si potrebbe chiedere perchè piaccia fare le crisi di governo a cavallo delle ferie ma mettiamo da parte le facezie e partiamo dai fatti.

Dimissioni di Draghi: un discorso di insediamento più che un tentativo di ricompattare

È stato mercoledì 20 luglio il giorno più importante per le dimissioni di Draghi. Le aspettative erano ben diverse: ci si aspettava un discorso volto a ricompattare la maggioranza. Invece Draghi ha scelto di andare dritto, elencando le cose da fare e chiedendo di fatto un sì o un no alle forze politiche.

Al discorso di Draghi risponde ad ora di pranzo la Lega che, non avendo sentito nessuno dei suoi cavalli di battaglia, per bocca del senatore Romeo chiede un nuovo governo fondato su una nuova maggioranza senza i Cinque Stelle. Conte a questo punto perde il primato per aver scatenato la crisi e la biglia del governo Draghi inizia a rotolare.

Dimissioni di Draghi: gli errori del Presidente del Consiglio

Tutto ci si poteva aspettare ma non che Draghi si segasse le gambe della poltrona da solo. Ovvero, Draghi commette due errori che poi hanno inclinato il piano verso le sue dimissioni.

Il primo sta nel suo discorso hai senatori. Sul finale di legislatura Draghi non ha citato neanche uno dei temi bandiera dei partiti che lo avrebbero dovuto sostenere. Anzi, ha anche criticato alcuni provvedimenti come il super bonus. Draghi così ha scelto di essere tecnico in un momento iper politico; ha dettato la linea a chi poi avrebbe dovuto dirgli di sì. Era prevedibile l’irrigidimento di alcune forze politiche che si sono viste annullate.

Il secondo errore che ha portato alle dimissioni di Draghi è stata la menzione, da parte sua, dell’appello della società civile perchè rimanesse a Palazzo Chigi. Se dopo non avere citato nessun argomento politico-elettorale gli togli anche il primato del rapporto con i cittadini, l’irrigidimento delle forze politiche diventa granitico. E così è andata.

Dimissioni di Draghi: puntare tutto su Casini

Il momento più importante della giornata è la presentazione dell’ordine del giorno Casini che in sostanza chiede di andare avanti con il governo Draghi. A Casini si contrappone però il Centrodestra che, con un ordine del giorno alternativo, chiede un nuovo governo senza Cinque Stelle e con un’agenda da concordare. 

Draghi sceglie di porre la fiducia sul testo presentato Casini. A questo punto il fumo negli occhi di Lega e Cinque Stelle è accecante tanto da farli abbandonare l’aula al momento del voto. 

L’uscita dall’aula del di tutto il Centrodestra e dei Cinque Stelle rende il voto al limite del numero legale. Si vota la fiducia ma il governo non esiste già più.  

Dimissioni di Draghi. La strategia win win di Giorgia Meloni

Bisogna spostarsi un po’ dietro le quinte per scoprire chi si è goduta una posizione win win: Giorgia Meloni.

Sappiamo che voteremo il 25 settembre e chi ha solo da incassare è Giorgia Meloni che può diventare leader del Centrodestra e anche la prima inquilina di Palazzo Chigi. 

Paradossalmente, per la posizione win win che si è ricavata Meloni, potevano anche non arrivare le dimissioni di Draghi e Fratelli d’Italia avrebbe continuato ad accrescere il consenso rimanendo all’opposizione. 

Qualunque sia il giudizio politico che ognuno di noi ha su Giorgia Meloni, la sua mossa è strategicamente vincente. Dal suo scranno della Camera si è vista ricompattare la coalizione con Berlusconi che ha seguito la Lega perdendo due dei suoi -Brunetta e Gelmini-, sgretolarsi il campo largo di Letta e Conte e l’avvicinarsi del momento di passare all’incasso del capitale politico investito. Se siete scacchisti potremmo dire che Giorgia Meloni aveva lo scaccomatto assicurato.

Il futuro? La soluzione migliore in democrazia è sempre la politica

Non ci dobbiamo fare trarre in inganno: le crisi di governo sono legittime. Starà agli elettori valutare se sia stata o meno la scelta giusta. Ma sicuramente per il futuro sarà irrinunciabile la politica. 

Eravamo ormai di fronte a un Parlamento sfibrato, tutti i tentativi di maggioranza possibili sono stati fatti; era giunto il momento del voto. E le dimissioni di Draghi hanno aperto la strada alle urne. Urne dopo le quali la politica dovrà fare la politica senza ricorrere a professori, tecnici o a standing internazionali che non sopporterebbe a lungo. 

Le urne non devono spaventare, devono stimolare all’opinione per poi trovare una rappresentanza valida. La palla adesso torna nelle mani della politica che con ogni probabilità dovrà lavorare sotto la canicola. Dovremmo lavorare però anche noi cittadini preparandoci al voto di settembre.

La routine stagionale imporrebbe di prendere una pausa ma una rubrica di politica, curata per giunta da uno per cui la politica è come il miele per Winni The Pooh, non può andare in vacanza proprio sul più bello. 

Magari a ritmo variabile ma vi consiglio di portarvi il telefono, o il tablet, ovunque sia la vostra meta di vacanza. Fra un gelato e un ghiacciolo ci potremmo divertire insieme. 

Federico Feliziani
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Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.