Boomers e Gen Z
Società

Boomers e Gen Z: tra “bigotti” e “sfaticati” un dialogo è fondamentale

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Oggi tutti parlano di Gen Z, la generazione dei Social, nata e cresciuta sotto il segno della crisi economica, sfiduciata di fronte al disastro climatico – che ancora fatica a essere preso seriamente – , all’indifferenza di chi non fa altro che etichettarli come “idealisti”, perché “non sanno cosa vuol dire stare al mondo”.

Questo è parere diffuso tra i cosiddetti Boomers, o meglio Baby Boomers, poiché nati negli anni del cosiddetto “baby boom”, tra il 1946 e il 1964. Ma Boomer oggi ha una definizione più ampia che comprende anche adulti appartenenti ad altri generazione – come la X – ,  i cui valori, in generale, sono ormai stati superati dalla Gen Z. E se Boomer oggi è diventato un termine dispregiativo, utilizzato dai più giovani per distaccarsene, lo stesso destino è toccato a “Gen Z”, usato dai Boomers per categorizzare sfaticati e impazienti che si informano su Instagram.

La differenza generazionale non sta nella diversa età: da quel punto di vista una conversazione tra gli adulti e giovani è sempre possibile. Sono il confronto e il dialogo intergenerazionale a non avere luogo, specialmente quando seduti al tavolo ci sono Gen Z e Boomers, i cui rispettivi valori si scontrano e si sbeffeggiano a vicenda. Come fare allora?

Di generazione in generazione

Risposta comune alla domanda dalla Gen Z “ma diventeremo anche noi così?” trova più o meno questa forma: “No! Noi siamo diversi!”. Ma lo sono davvero? Dopotutto anche i Boomers sono stati giovani e di certo hanno vissuto esperienze di vita pressoché simili a quelle dei giovani odierne. Ma una differenza fondamentale c’è: il periodo storico vissuto. Le differenze generazionali e le conseguenti ripartizioni si collocano all’interno di una distinzione tra periodi storici, svolte epocali, cambiamenti inattesi e improvvisi. I Boomers hanno vissuto il ’68, la Gen Z è cresciuta con i Social e una crisi economica perenne che post-pandemia darà vita a una nuova generazione di gioventù disperata e sfiduciata – specialmente in un contesto come quello italiano – dove alle nuove generazioni della grande torta dell’economia spettano solo le briciole. Un dialogo risulta dunque difficile anche e soprattutto perché i valori delle due generazioni divergono, proprio perché infiammati da un’educazione che si colloca in  diversi contesti storici.

Quali valori?

Se la Gen Z vive nell’oblio, dalla crisi economica a quella climatica, forse, da questo punto di vista, i Boomers sono stati più fortunati. Cresciuti all’insegna del positivismo, nella convinzione che la società premi il merito, che se si lavora abbastanza duramente, allora si potrà arrivare dove si vuole, in alto, raggiungendo gli obiettivi preposti.

Al contrario, chi appartiene alla generazione Z (e non solo), specialmente in Italia, sa che il merito non conta quanto le conoscenze, i contatti, le raccomandazioni. E questa è una legge universale. Un giovane in Italia sa anche che ormai c’è poco e pochi da premiare: una competizione spietata regna sovrana tra coetanei che sperano tutti di arrivare da qualche parte. Ma dove esattamente? La risposta è incerta, perché caratteristica diffusa nella Gen Z è l’incertezza e l’ansia esistenziale. Le ambizioni faticano ad andare oltre un certo livello, perché dietro di esse mancano i presupposti, le aspettative che dovrebbero alimentarle.

Un dialogo inesistente

L’incertezza che accompagna la gioventù di oggi è stata alimentata dalla mancanza di un dialogo intergenerazionale. Specialmente nel contesto italiano, i Boomers e la Gen Z vivono su mondi paralleli. L’assenza di dialogo è frutto di un giudizio reciproco e dalla difficoltà di guardare oltre ad esso. In Italia, permane un sistema ancora basato sui valori dei Boomers, che perciò non può adattarsi alle esigenze della Gen Z. Nel caso dell’istruzione, ad esempio, è lampante come un insegnamento di tipo prettamente frontale, dove è il docente a parlare mentre l’alunno ascolta, vada implicitamente a stabilire un rapporto asimmetrico. Una disposizione a cerchio, al contrario, gioverebbe in questo senso.

In generale, per far sì che questo dialogo possa attuarsi è importante che entrambe le parti si liberino dai pregiudizi. La chiave sta nel pensare a l’un l’altro come a dei potenziali amici, piuttosto che nemici. I bambini hanno in loro questa potenzialità: per loro un ventenne, un cinquantenne e un ottantenne sono esattamente la stessa cosa. E questo principio vale sempre, non importa a che generazione tale bambino appartenga. Se si guarda al di là dei confini generazionali, si vedono le stesse preoccupazioni, difficoltà e incertezze. Ma per comprendersi a vicenda, tali confini vanno rispettati. E questo lo si può fare solo mettendosi in dialogo.

Diventeremo anche noi così?

Tornando a questa domanda, possiamo dire che non c’è una vera risposta, poiché non si tratta di una domanda dalle giuste premesse. Le due generazioni esistono proprio perché sono diverse e perché, a seconda dei tratti che presentano, vengono delineate delle differenze. Ci sono tratti che ogni gioventù presenta e che si vanno ad attenuare negli anni, come l’idealismo. Ma rimane il fatto che una generazione è tale perché presenta caratteristiche propriamente sue che permangono negli anni. Perciò diventare o per lo meno evolversi in un’altra generazione non è possibile. In ogni caso, la paura della Gen Z di risvegliarsi Boomer tra qualche decina di anni fa comunque riflettere sul rapporto difficile tra le due generazioni.

Un rapporto incrinato e complesso che sarà difficile da ricucire. Ma un dialogo può e deve nascere: perché, volente o nolente, il futuro è della Gen Z, la quale però necessita del supporto e dell’esperienza dei Boomer. Uno sforzo in più è richiesto ad ambe le parti, un’inversione di tendenza rispetto alla chiusura e al pregiudizio a cui abbiamo assistito finora.

Chiara Cogliati
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Chiara Cogliati
Da un anno vive a Venezia dove studia, ogni tanto si rintana leggendo e ogni tanto pensando, anzi spesso, serve per fare tutto il resto. Le piace ascoltare, le riesce meglio che parlare, ma per fortuna sa anche scrivere, un pochino, e allora quello che vorrebbe dire a parole lo scrive, così si diverte.