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Bellezza, moda e femminilità: il body shaming non va mai in vacanza

Tempo di lettura: 3 minuti

Siamo alle solite. Ancora una volta il corpo delle donne è al centro di giudizi non richiesti e critiche.

Questa volta nel mirino ci è finita Armine Harutyunyan, una modella di Gucci, definita una delle 100 donne più belle al mondo. Da qui sono partiti i commenti e gli insulti su quanto, in verità, non sia bella e che se lei fa la modella, allora possono farlo davvero tutti!

Gucci e le scelte controcorrente

È vero che la moda ha sempre avuto canoni estetici rigidi e che rispecchiassero gli standard sociali, ma è altrettanto vero che ha anche sempre ricercato volti e persone particolari in grado di spiccare e distinguersi.

Questa volta Gucci ha scelto Armine, e sulla stessa lunghezza di pensiero, aveva scelto Ellie Goldstein, una ragazza di 18 anni con la sindrome di Down.

Non è la prima volta che la moda sceglie modelle diverse e quindi cosa porta le persone a scaldarsi così tanto? Il fatto che, in quanto donne, non siano convenzionalmente belle, che escano dalle definizioni classiche di bellezza.
Succede spesso che venga chiesto di vedere modelle lontane dagli standard sociali, ma quando poi succede si scatenano commenti d’odio.

Questo era successo anche a Calvin Klein che per la campagna “I speak my truth” aveva scelto la rapper Chika, una donna nera e grassa. Anche in questa occasione le persone non avevano risparmiato i loro giudizi e commenti, come “si sta promuovendo l’obesità”. Se proprio vogliamo essere corretti quello che si sta promuovendo è solo la rappresentazione di un corpo diverso. Le persone grasse esistono, vivono, si vestono, lavorano e fanno cose come tutti.

Che vi piaccia o no le persone non sono tutte uguali. La diversità esiste e per troppo tempo la moda ha rappresentato un solo tipo di donna. Ora, invece, qualcosa si sta muovendo e si sta andando oltre il canone.

La bellezza è un concetto tossico…

Uno degli stereotipi di genere più diffusi e ancora molto solidi è che le donne devono essere belle. Quando si parla di una donna viene sempre prima il suo aspetto e poi il lavoro o la sua personalità. Quando viene insultata è il primo punto che viene colpito.

Ma come viene misurata la bellezza di una donna? In base a quanto l’uomo voglia uscire con lei o andarci a letto. Una donna, quindi, è bella solo se appaga lo sguardo maschile. Se questo non succede allora è automaticamente brutta.

E in che altro modo è possibile definire la bruttezza? Bisogna guardare gli standard sociali della bellezza, i quali escludono una gran fetta di persone. Viene considerato bello chi è magro, bianco, giovane e abile. Basti pensare ai classici commenti come “sei bella per essere grassa”, “sei bella per essere nera” oppure “anche se sei sulla carrozzina sei una bella ragazza”.

In questo senso la bellezza diventa un concetto tossico che opprime le donne. Un concetto che aleggia pesantemente su ogni essere femminile e che viene sempre prima di qualsiasi altra cosa. Basta guardare, infatti, i giornali che in estate sbattono in prima pagina le donne in costume commentandole in modo malizioso o negativo.
Questa pressione è altrettanto presente anche nelle persone trans*, in quanto alcune si sentono in dovere di dimostrare tutta la loro femminilità, se no non verrebbero prese sul serio.

Così la bellezza è una spada di Damocle.

… e non è un parametro vitale

La verità, però, è che la bellezza non è un dovere. Non è un requisito fondamentale per avere rispetto e non essere giudicate. E il suo valore andrebbe smantellato: la bellezza non rende migliore ciò che una persona fa. Se io sono un’educatrice, non lavorerò meglio perché sono bella, ma perché dipende dalle mie capacità.

Non si può però smantellare il concetto di bellezza senza eliminare anche quello di sguardo maschile. È questo che sembra difficile a morire: la libido maschile che diventa lo strumento di misura di quanto sia accettabile un corpo femminile.

Articolo a cura di:
Sara Najjar
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Sara Najjar
Nata nel 1996 a Bologna e cresciuta nell'hinterland modenese, è ritornata nella sua città natale da pendolare dove ha studiato prima Educatore sociale e culturale e poi Pedagogia. Si circonda di gatti fin da quando è piccola e, tra le tante cose, si ciba di musica (principalmente indie), serie tv, libri e scrittura.