Politica

12 novembre 2011: cade il governo Berlusconi. Come sarebbe andata se?

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Facciamo un tuffo nel passato giocando con la storia. Fra realtà e fantapolitica

Se esistesse un calendario politico oggi avrebbe impressa una ricorrenza storica. Il 12 novembre 2011 infatti calò il sipario sull’ultimo governo presieduto da Silvio Berlusconi. Allora non avevamo certezze ma, la sensazione provata da molti di essere difronte all’ultima immagine di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, si rivelò poi azzeccata. 

Quel sabato 12 novembre 2011 cadeva in un clima politico consegnato ormai alle teche televisive e ai libri di storia. Esisteva il PDL in preda a una questione morale riguardante il presidente Berlusconi, Gianfranco Fini era presidente della Camera dei Deputati. La Lega custodiva ancora gelosamente l’ampolla con l’acqua del Po e Pier Luigi Bersani era segretario del Partito Democratico. E poi, da appena tre giorni, il bocconiano Mario Monti era stato nominato senatore a vita dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. 

Una giornata frenetica per gli appassionati di politica. Quel sabato 12 novembre cambiò l’assetto economico dello Stato. Fu introdotto il pareggio di bilancio e il governo Berlusconi poche ore prima di dimettersi incassò l’approvazione della legge di bilancio.

In una piazza del Quirinale stracolma di persone fece ingresso Silvio Berlusconi dimissionario. Appena ventiquattro ore dopo il portone del Quirinale si aprì per il senatore a vita Mario Monti al quale Napolitano conferì l’incarico di formare il governo.
Così solo tre giorni dopo giurò il governo Monti. Un governo tecnico formato da professori universitari che avrebbero dovuto risanare quell’Italia in piena crisi economica. 

Come in un flashback

Potremmo andare avanti per righe e righe citando i fatti che segnarono il Paese da quel 12 novembre 2011. Vogliamo fare invece un gioco. Provare cioè a immaginare che piega avrebbe preso la storia se quel governo tecnico non fosse mai nato. Allora come in un flashback di un film torniamo a quella serata del 12 novembre cambiando i fatti che la seguirono.

Silvio Berlusconi esce dal portone del Quirinale mentre tutti i partiti dell’allora opposizione concordano per una sola soluzione: elezioni. Nonostante la situazione economica e lo Spread la Sinistra decide di provarci chiedendo al Presidente Napolitano di sciogliere le camere.

Le elezioni immaginarie si sarebbero potute tenere nel febbraio 2012 e il Centrosinistra probabilmente avrebbe trionfato. Era l’unico agglomerato politico che interpretava il sentimento dell’antiberlusconismo.
Giunti a febbraio il Centrosinistra vince con una campagna elettorale improntata da un lato sui disastri politici del Centrodestra e dall’altra sulla questione morale squarciata da Silvio Berlusconi.

Sull’onda dell’indignazione generale il Centrosinistra vince. Pier Luigi Bersani sale al Colle, riceve l’incarico di formare il governo. Riesce a raggiungere un accordo con tutte le forze della coalizione e, in un salone alla vetrata gremito di giornalisti, presenta la squadra dei ministri.
Il governo Bersani a quel punto prepara un programma per il risanamento economico, sociale e morale del Paese convinto di come fosse la politica a dover risollevare l’Italia.

Galvanizzato dall’impegno nel risanamento del Paese Pier Luigi Bersani vince le primarie per la segreteria del Partito Democratico un anno dopo. Matteo Renzi, a quel punto sconfitto, continua a svolgere il prestigioso ruolo di sindaco di Firenze. E poi chissà. Ci sarebbero state sempre le politiche del 2017.

intanto però la storia avrebbe preso sicuramente una piega diversa.
Probabilmente il carrierismo di Matteo Renzi sarebbe sgorgato più avanti. Magari il Movimento Cinque Stelle avrebbe interpretato un altro tipo di disagio non nutrendo quell’astio dei primi tempi. Ma soprattutto la Sinistra avrebbe un’altra faccia. Forse sarebbe apparsa un po’ meno responsabile. Tuttavia avrebbe mostrato coraggio sfruttando quella chance per innovarsi e rinnovarsi.

Ma tant’è. Tutto questo racconto può essere solo annoverato fra le mille ipotesi fantapolitiche. Compresa quella fra l’altro che, emulando “il cavaliere nero” del maestro Gigi Proietti, Silvio Berlusconi sarebbe potuto tornare a Palazzo Chigi.
Questo non lo possiamo sapere. Rimane il fatto che in quel 12 novembre 2011 cambiarono le sorti dell’Italia per sempre. 

Federico Feliziani

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Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.