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Società

Coronavirus: fra l’emergenza e l’anticonformismo dei puffi

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Mentre in Italia si lotta per garantire a tutti assistenza sanitaria senza far collassare il sistema, in Francia spuntano i puffi 

Sembrava un’eco lontana. Lo guardavamo alla televisione; il Coronavirus era una parola pronunciata dai mezzobusto dei telegiornali. Nessuno si aspettava che dalla Cina potesse arrivare in Europa. 

Invece proprio da uno di quei tanti piccoli borghi di cui è pieno il nostro Paese è iniziato il contagio. Codogno improvvisamente sale alla ribalta della cronaca; vediamo i primi interventi di infermieri in abiti speciali. Tutta la cronaca si concentra lì. Quel paesino diventa il punto cruciale per la battaglia al Coronavirus. La politica sull’orlo dello strappo si rianima e cambia completamente atteggiamento, linguaggio, reazioni. Sembra proprio di essere dinnanzi a un nemico belligerante.

Così comincia a trapelare il linguaggio dell’emergenza: zona rossa, gialla, arancione. Si cade in confusione: molti pensano che sia il caso di saccheggiare i supermercati. Non importano le rassicurazioni dagli amministratori locali e governo. Carrelli stipati iniziano a circolare per i parcheggi dei negozi. Pacchi d’acqua, pasta, cibo, prodotti igienici di cui non se ne conosce neanche l’utilizzo vengono passati alle casse. L’unico prodotto che resiste alla convinzione di un’imminente carestia sono le penne lisce, si ironizzava. 

Poi però la tensione si fa sempre più palpabile, i numeri delle vittime iniziano a salire. Collegamenti diretti dalla Protezione Civile, dai piani alti delle Regioni  più colpite danno la misura di che cosa sta accadendo. Arrivano i primi provvedimenti di chiusura delle scuole nelle zone più colpite; iniziano a circolare le prime regole di comportamento. Eppure qualcuno si ostina a fare finta di niente. Gli albori dei puffi francesi sono stati qui in Italia. Nonostante il Coronavirus e le raccomandazioni delle istituzioni la movida, gli aperitivi, le passeggiate non hanno rallentato. Solo i cittadini chiusi nella zona rossa sembravano essere toccati dal Coronavirus.

Così arriviamo a oggi con una situazione di emergenza. Tanto grave da rendere necessaria una zona protetta estesa a tutta Italia. Ad essere in sofferenza è il sistema sanitario, eccellente ma delicato allo stesso tempo. Siamo stati per questo costretti alla generosità. Il governo ci ha obbligati a riflettere come, forse, non abbiamo mai fatto prima. Non è più possibile “puffare il virus”. Il Coronavirus è una realtà e dobbiamo esserne consapevoli.

Mentre qualcuno si crede furbo “puffandosene” del Covid- 19 in Italia scoppia un’altra emergenza. Il popolo delle carceri si sente usurpato di alcuni diritti. Sembra la sospensione della visita parenti e delle attività svolte all’esterno degli istituti penitenziari il motivo degli scontri iniziati due giorni fa. Un aspetto delicato quello delle carceri, forse sottovalutato nel turbinio delle ultime settimane. 

In questa situazione ormai nazionale, con il timore che l’epidemia raggiunga il Sud dove il sistema sanitario è ancora più delicato, il movimento dei puffi francesi arriva come un pugno negli occhi. Fra incredulità e un accenno di rabbia di chi da settimana è sottoposto a limitazioni, i raduni che si stanno formando in Francia per esorcizzare il Coronavirus non sembrano appartenere a questa terra.

L’epidemia c’è ed è concreta. Prima di giocare agli anticonformisti pensiamoci. Altrimenti a “puffarci” sarà il Covid- 19.

Federico Feliziani

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Federico Feliziani
Autore e scrittore di prosa e poesie, blogger e consigliere comunale a Sasso Marconi, è da circa un decennio politicamente attivo e dedito alla causa contro le violazioni dei diritti umani. Considera la propria disabilità un’amica e compagna di vita con cui crescere e mantenere un dialogo costante.