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Inter – Juventus, il Conte bis per tornare a vincere

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Inter – Juventus: il match che vale il primato e che, guardandosi allo specchio, riflette un’immagine speculare ma diversa. Nessuna brama o bellezza da eleggere nel reame della Serie A. Lo specchio in oggetto non è quello delle favole ma lo specchio del tempo. È un’ Inter – Juventus che restituisce i colori e la rivalità di sempre ma, soprattutto, ripropone lo snodo cruciale di quel derby d’Italia che, il 29 ottobre 2011, rappresentò l’inizio di una nuova era, quella del dominio bianconero. Per punti in classifica, motivazioni e gioco, può accadere l’identica cosa all’Inter. Con una differenza che è, contemporaneamente, analogia. L’uomo di quella svolta è lo stesso ma domenica sera siederà su un’altra panchina: quell’uomo è Antonio Conte.

L’Inter del “Conte dei miracoli”

Potrebbe essere l’implacabile voglia di ripartire da zero e costruire la propria fortuna, tipica caratteristica di tanti meridionali che abbandonano casa, a rendere Conte così speciale. Magari anche quel suo fare autoritario e testardo, sempre tipico di chi viene da giù. E se ne farà una ragione Vittorio Feltri, inorridito dai terroni al Governo, ma la rabbia salentina è sicuramente una delle armi a favore del tecnico. Poi, chiaro, a tutto questo si aggiunge il suo esser stato giocatore ad altissimi livelli, l’aver vinto tanto da calciatore e parecchio da mister. Antonio miracoli non ne fa ma ci va vicino. Li aveva fatti con la sua prima Juventus, secondo molti squadra modesta ma che, grazie allo spirito dei suoi gregari, era riuscita a lottare per il vertice. Tra i primi tasselli proprio la vittoria contro quello che è il suo attuale club. Era la decima giornata della stagione 2011-12 (tecnicamente la nona, dato il rinvio della prima causa sciopero dei calciatori) e la Juventus, dopo aver già battuto il Milan qualche settimana prima, era alla ricerca della conferma definitiva, arrivata grazie al gol di Claudio Marchisio, fresco di ritiro ma, all’epoca, instancabile incursore di centrocampo. Era la mediana composta dal Principino, PirloVidal: tanta roba, soprattutto se sommata ad una giovane BBC (Barzagli-Bonucci-Chiellini, per chi si fosse collegato ora sul pianeta calcio). Tuttavia, era anche la vecchia signora dei Matri, Estigarribia, Pepe, Lichtsteiner e Quagliarella. Buoni giocatori, addirittura ottimi se pensiamo a quest’ultimo, ma decisivi solo se inseriti in un contesto collettivo.

Inter vincente col Conte bis?

Scenario che Conte sta provando a riproporre all’Inter. Tre colossi davanti al portiere, Skriniar, Godin e De Vrij, centrocampo dinamitardo con tocchi di classe con Barella, Brozovic, Sensi e fasce con inesauribili polmoni: per informazioni chiedere ad Asamoah e Candreva. Telaio rinforzato dai D’Ambrosio, Biraghi, Politano e dai Vecino. Soldati che insieme formano un esercito che solo il generale Conte può valorizzare. Percorso simile, protagonisti simili (non dimentichiamo Marotta) ma anche discrepanze, nel nuovo stemma impresso sulla giacca del mister e soprattutto, in attacco. Sanchez, Lautaro e Lukaku, finalmente adottato da Conte che, più volte, si era visto negare l’affido. Un attacco che la Juventus di otto anni fa non aveva. C’è anche un’altra analogia ma bisogna tirare in ballo un nome apparentemente fuori dai giochi: Mourinho. Perché? Perché ogni volta che l’Inter ha avuto un uomo solo, forte, al comando, è riuscita a vincere. È matematica. Qualcuno, da Torino, spera siano solo opinioni.

Luca Villari

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