Empatia
Società

Dov’è finita l’empatia?

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La società in cui viviamo tende sempre di più verso l’individualismo e consumismo e l’insensibilità all’interno delle relazioni è più presente. Possiamo percepirlo nei rapporti interpersonali, ma soprattutto possiamo notarlo su internet e nella vita di tutti i giorni. I commenti d’odio, razzisti e cattivi sono ormai all’ordine del giorno.

Sembra che le persone non abbiano un filtro e sparino sentenze e giudizi a raffica.

Praticare empatia ed ascolto attivo non è facile. Richiede un impegno emozionale e mentale non da poco e sono atteggiamenti che si imparano col tempo e col proprio sforzo. Più in generale, però, manca sempre di più una sensibilità verso l’altro che porta poi ad una intolleranza comune.

Nel periodo delle feste, però, si predica tanto la solidarietà, l’aiutarsi a vicenda e l’essere gentili, quando poi per il resto dell’anno si scordano tutte queste cose.

Empatia.

Vuol dire mettersi nei panni dell’altro, comprendere il suo punto di vista, ascoltare ciò che ha da dire senza per forza dare una risposta. Significa esserci e capire il suo stato emotivo. E questo oggi è poco praticato, come l’ascoltare.

Ascoltare significa mettersi in ascolto dell’altro, dei suoi bisogni, desideri, paure, dubbi, emozioni. E anche questo oggi è poco comune. Manca un’ascolto attento dell’altro, complici anche le nuove tecnologie che portano ad isolare le persone. Trascurando così i rapporti personali.

Si ascolta sempre meno. Quando si chiede come stai, ad esempio, sono poche le persone che ancora sono davvero interessate ad ascoltare l’altro e ad esserci. Sta diventando un ascolto passivo e assuefatto.

Questa mancanza porta a un senso di solitudine generale. Ad esempio, i disturbi mentali, come la depressione, stanno aumentando, soprattutto tra i giovani. Una delle cause è attribuita ai social che tendono all’isolamento e a distanziarsi dalle persone e relazioni della vita quotidiana.

L’insensibilità che dilaga.

Le persone sono sempre più indifferenti tra di loro e lo dimostrano anche quando attaccano coloro che, invece, praticano i valori della cura, dell’ascolto e dell’empatia. Basta pensare a Carola Rackete, ad esempio. La capitana della nave che ha eluso il Decreto Salvini e fatto attraccare a Lampedusa la nave con persone migranti a bordo. Oppure a Silvia Romano, la giovane volontaria che in Kenya è stata rapita.

Tutte persone che lavorano nel sociale e si impegnano nel rapporto e nell’ascolto dell’altro, ma che invece negli altri provoca insensibilità, intolleranza ed ecco che partono a raffica commenti d’odio e velenosi.

Ascoltare ed essere sensibili sono valori che possono arricchire. Permettono un continuo confronto, un’apertura verso l’altro, capire e conoscere differenti punti di vista. Permettono anche di ritrovarsi, di rafforzare i rapporti e stringere nuovi legami.

Educare a questo permette a noi stessi di essere più consapevoli di noi, dei nostri bisogni ed emozioni e allo stesso tempo di non assumere un atteggiamento chiuso e diffidente che allontana l’altro, ma di essere aperti e accoglienti verso l’altro.

È davvero più facile diffondere odio e indifferenza invece che essere empatici?

 

Articolo a cura di:

Sara Najjar

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Sara Najjar
Nata nel 1996 a Bologna e cresciuta nell'hinterland modenese, è ritornata nella sua città natale da pendolare dove ha studiato prima Educatore sociale e culturale e poi Pedagogia. Si circonda di gatti fin da quando è piccola e, tra le tante cose, si ciba di musica (principalmente indie), serie tv, libri e scrittura.